Qui Pomigliano. Noi ci siamo e voi?



Alla luce dei risultati numerici del pseudo referendum, mi sembra di poter dire che ancora la schiena dritta la classe operaia ce l’ha. Eppure l’attacco è stato pesante! Lasciati soli a decidere, contro tutti e contro tutto, nella solitudine più nera. Abbandonati e scaricati persino da coloro che un giorno sì ed uno no dicono di essere eredi, seppur post moderni, di quella tradizione operaia e di sinistra. Gli operai di Pomigliano, non di Mirafiori o di quel di Dalmine; ma operai del profondo sud, accerchiati fra ricatti della ’ndrangheta e quella della mafia padronale, lasciati a decidere se preferivano una morte ammazzati o suicidi. Ma sopratutto lasciati soli a decidere su una scelta che di sindacale, nel senso più strettamente terminologico, non aveva nulla.
Sì perché il nodo era tutto politico, e il tavolo da gioco era stato stabilito dalla classe politica e dal padronato. La flessibilità dello stabilimento, lo straordinario, la produttività son tutte balle. Tutto questo era già stato previsto dal contratto nazionale, se avesse voluto, Marchionne, quelle cose lì le aveva già. E comunque la Fiom si era già dichiarata, riguardo questi temi, pronta a firmare.
E poi il referendum sindacale. Ma vogliamo parlarne di questa farsa? Il referendum è previsto, da sempre, quando la scelta è fra una ipotesi di accordo oppure continuare la trattativa per mediazioni diverse. Cioè se l’accordo viene rigettato si ritorna sul tavolo delle trattative. Qui la Fiat invece, non solo aveva detto prendere o lasciare, ma le stesse sigle sindacali che hanno sottoscritto l’accordo hanno ammesso che la trattativa era fasulla e che la Fiat aveva il coltello dalla parte del manico, e che o si accettava e si sperava nelle promesse oppure si chiudeva lo stabilimento.
E ancora! Non si trattava di trattativa sindacale, orario di lavoro, salario ecc ecc, ma di eliminazione di diritti fondamentali, che fanno parte della dignità umana scambiati per una promessa di finanziamenti che se va tutto bene avranno una durata al massimo di tre anni. Si perché di questo si tratta. Supponiamo che Marchionne mantenga tutte le promesse fatte, e che sposti la produzione della Panda a Pomigliano. Ma quando potrà durare questa linea di prodotto? Come tutte le linee di auto al massimo un modello dura due tre anni, e poi? E poi, ben che vada, ancora un altro ricatto, ancora un altro ribasso delle condizioni di salario e di vita. E questo il futuro di Pomigliano, ammesso che Marchionne mantenga le promesse! Gli operai di Pomigliano tutto questo lo hanno capito. La maggioranza ha deciso di trascinarsi ancora per un po’ sotto il ricatto e scambiare non salario contro lavoro, ma dignità contro un salario di fame. Molti invece dicendo no, hanno mandato un segnale alle forze politiche. Se ci siete battete un colpo. Ora ancora una volta la palla passa a voi. Noi ci siamo e voi?