Italia prima in Europa nella crescita dell'export verso il Giappone


Nessuno ne parla, tutti fanno finta di svicolare. Parlano di segnali di ripresa , di crescita debole, di aumento del PIL ( anche se di cifre insignificanti, da prefisso telefonico dice la moda del linguaggio comunicativo). E sulla base di questo assunto, senza guardare ai dati economici basano il loro mantra e i loro voli pindarici di assunti ideologici.  
Allora scendiamo nel dettaglio e vediamo di capire come e da dove nasce questa crescita .
Il 2013 ha visto una crescita dell'export extra UE di oltre 3,4 miliardi di Euro. Solo verso il Giappone la crescita è stata di oltre il 21,8% Ma il dato significativo è che gli altri paesi UE hanno registrato un aumento del 15,2%;  la Germania campione nell'export ha fatto peggio dell'Italia un +17,4% Nonostante che l'ultimo trimestre del 2013 hanno visto un netto rallentamento rispetto al resto dell'anno dovuto al deprezzamento dello Yen rispetto all'Euro.

Ma il Giappone non rappresenta solo una eccezione, una mosca bianca.
Infatti in generale la bilancia dei pagamenti ( bilancio fra export ed import)  solo nell'ultimo trimestre misura una lieve crescita congiunturale delle esportazioni (+0,5%) dovuta all'energia (+9,2%), al netto della quale la variazione è pari a -0,1%. Nello stesso periodo, la flessione congiunturale delle importazioni (-2,0%) interessa tutti i raggruppamenti principali di beni, con l'eccezione dei prodotti intermedi (+2,8%).

Su base tendenziale, a dicembre 2013, entrambi i flussi si confermano in crescita: +2,1% per le esportazioni e +0,5% per le importazioni.

Per l'intero anno 2013 la dinamica delle esportazioni è lievemente positiva (+1,3%) e quella dell'import in forte flessione (-9,5%). Al netto dell'energia le variazioni sono pari rispettivamente a +2,4% e -2,6%. A dicembre 2013 il saldo commerciale risulta attivo per 3,4 miliardi. Nell'intero anno il surplus raggiunge i 20,0 miliardi, a fronte di 0,8 miliardi nel 2012. 

 Cosa abbiamo esportato?. 
Le merci sono essenzialmente merci materiali e del settore di beni strumentali, ad alta tecnologia, beni energetici,robotica, merci che vengono definiti del primo settore. ( dati ISTAT bilancia commerciale anno 2013)

Come si devono leggere questi dati? 

Che essenzialmente la politica neo liberista meglio neo mercantilistica imposta dall'Europa e applicata zelantemente dai nostri politici e governanti sta funzionando alla grande, nonostante che i pifferai magici e i guru dicano che i nostri politici siano solo ladri, egoisti, e malavitosi ( il che è vero ma che non spiega assolutamente nulla) e che diventa necessario diminuire gli spazi di democrazia e modificare il sistema elettorale , il Jobs Act ecc ecc 
E mette in cantina le teorie che vogliono il capitalismo morto, o in fase morente, che le contraddizioni non sono fra capitale e lavoro, che le merci prodotte saranno solo merci immateriali e prodotti del "cognitivo". Che è il bio ad essere messo a valore e non la produzione di merci, il lavoro. 
I dati macroeconomici li smentiscono e le tendenza indica un percorso coerente. 

Qual'è la tendenza in atto?
 La politica economica imposta è tutta indirizzata a esportare verso i paesi più deboli economicamente. La lotta è lotta fra capitalisti e vede la divisione internazionale del lavoro porre i paesi "occidentali" a "capitalismo maturo" nella produzione di beni del primo settore e di capitale finanziario e gli altri nella produzione di beni di consumo. Ma affinché la bilancia dei pagamenti e quindi il debito privato (che poi si trasforma in debito pubblico) rimanga in attivo occorre che si abbassi la domanda interna di beni di consumi e quindi si scoraggi l'importazione di tali beni. 

Come?  

Con una politica dei redditi. Si abbassano i salari e le condizioni dei lavoratori, si aumenta la precarietà e quindi si aumenta la offerta della merce forza-lavoro in modo tale che si aumenti l'esercito di riserva. Si diminuisce il costo del lavoro, si aumenta la produttività (allungamento della giornata lavorativa a salario ridotto per addetto , e/o aumento dei ritmi lavorativi per addetto) , si abbassano i diritti e quindi le "pretese" degli addetti ( gli addetti nel linguaggio macroeconomico sono "i lavoratori", uomini) 

In Italia fin da quando iniziasse quella che è stata definita la crisi dei Subprime (ma non erano questi la causa. Quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso che si stava riempiendo da fin gli anni '70) è stata applicata questa politica economica. La crisi ha solo dato l'alibi, la scusante, ai governanti per applicare quelle teorie nascondendosi dietro il paravento del "ce lo chiede l'Europa" o del " è colpa dell'Euro" " Non è colpa nostra" " noi non volevamo" Certo la crisi ha accelerato, certo la politica dell'Euro ha accentuato e sospinto il processo. Ma vi erano già in embrione le premesse. Il processo era già in atto! 

Ma sarà vera crescita?

Tutti si aspettano la manna che verrà , l'angelo Gabriele che scenderà dal cielo e farà arrivare ricchezza e prosperità . Ma vi sono le premesse per alimentare questa speranza? Dipende da chi è l'oggetto di tale ricaduta. Sicuramente non i lavoratori. Se lo scenario da me presentato è corretto non c'è da sperare. Se la politica è tutta indirizzata a facilitare le imprese e sopratutto quelle che esportano e scoraggiare l'importazione attraverso una politica dei redditi che abbassi la capacità di spesa, l'eventuale crescita sarà solo a vantaggio degli imprenditori e fra questi, quelli dotati di capacità di competere sui mercati esteri per struttura organizzativa e facilitazione di posizione geografiche , condizioni strutturali, ecc ecc.
 Le ricadute in termini di salari anche per i lavoratori di  queste imprese saranno percentualmente molto scarse. Perché queste imprese competeranno in termini di abbassamento dei costi di produzione e meno sull'innovazione tecnologico e quindi di produttività in termini di capitale fisso. Da qui la conseguenza che questa crescita non porterà nessun aumento dei posti di lavoro, nessun aumento di occupazione se non percentualmente solo in termini di precarietà. 

Le imprese invece che operano nel mercato interno saranno scoraggiate nell'investire in beni di consumo ( il calo della domanda interna vale sia per le imprese estere che per quelle interne) e la privatizzazione dei servizi sociali, quello che una volta si chiamava Welfare  ( scuola, sanità, trasporti pubblici, fondi pensionistici, assicurazioni sociali ecc ecc ) sarà il loro business. Lo Stato sarà meno Stato sociale esteso , e sempre più Stato sociale per chi non si potrà permettersi l'acquisto "dell'essere sociale" Da qui l'abbaglio dei biocapitalisti della messa a "valore del bios" . Non è il "corpo" ad essere messo a "valore" ma il lavoro per la cura del corpo a produrre valore!  Vedono il particolare, il passero  e pensano che sia il generale, lo stormo! 
Ma questo è un altro film!