Perché
Renzi è un Superbone, un moderno imbonitore di chiacchiere, un cambiare tutto
per lasciare tutto com’è? Di esempi se ne possono fare molti. Ma faccio
riferimento solo all’ultimo in ordine di tempo. Le nomine dei moderni boiardi
di Stato. Così si chiamavano un tempo. Il battage pubblicitario è stato da
fuochi pirotecnici alla vigilia delle nomine. E così è stato dopo che la
montagna ha partorito il topolino. Un giro di valzer , uno scambio di poltrone,
ma tutto invariato. Oh! si certo , sono entrate le donne, qualche giovane
outsider che da qualche poltrona messo in ombra è salito alla ribalta. Ma nulla
che abbia solo il sapore di rivoluzionario come si sono apprestati a declamare
i mass media embedded. Intanto cominciamo col dire che chi ha lasciato una
poltrona per prenderne un'altra magari più prestigiosa ci costerà 20 milioni di
Euro di buon’uscita. E non si era detto che i Boiardi dovevano lasciare la
poltrona pubblica per prendere quella privata? E invece è successo il
contrario. Caso Marcegaglia. Che da libera imprenditrice che avrebbe dovuto
assumere i manager pagati poco per pagarli di più , si è fatta assumere lei
anche a costo di uno stipendio da fame!
Ma
come funziona sta storia!
Funziona
che il Superbone è un racconta frottole.
Si
ma vogliamo mettere che sono entrate le donne? Non è questa una vera
rivoluzione?
Ma
manco per niente.
La
Marcegaglia è una che nelle sue fabbriche lascia morire più di un lavoratore al
mese. L’ultimo infortunio agli inizi del mese. Non rispetta nemmeno le più
elementari regole antiinfortunistici, come denunciano i sindacati persino
quelli più “sistemici e concertativi” .
Ma
al di la del sesso, e dell’età , che non indica assolutamente nulla di
rivoluzionario, e prendiamo le logiche che questi manager applicano. Moretti
nelle Ferrovie ha applicato la regola d’oro del profitto ad ogni costo. La sua
mission è stata quella di fare cassa , di investire là dove maggiore è il
margine di profitto, lasciando e tagliando i rami secchi ,le tratte dei
pendolari e lasciando questi a percorrere pochi decine di kilometri per un
tempo biblico assiepati come bestie al macello nella sporcizia e lordume dei
vagoni. E’ invece di scandalizzarsi di questa miope politica il populismo
becero si è soffermato sui suoi lauti compensi mettendo in secondo piano i veri
problemi ( che è poi il compito del populismo e il richiamo allo scandalismo
mediatico)
Andando
alla Finmeccanica vi sarà vera rivoluzione? Ma manco per niente. La logica
applicata sarà la medesima , quella che è stata applicata da sempre. E allora è
o non è un giro di valzer di poltrone?
E
prendiamo le Poste e la neo presidente Todini. Anche lei imprenditrice, ma non
nuova alle cariche di Stato. Berlusconiana doc è stata eletta deputata europea
nel 1994 Dal 2012 siede nel Cda della Rai. E’ stata membro della Commissione
per la cultura, la gioventu’, l’istruzione e i mezzi di informazione, della
Delegazione per le relazioni con i paesi dell’America del Sud, della
Commissione per la politica regionale e della Delegazione alla commissione
parlamentare mista Ue-Polonia. Insomma non proprio verginella. E’ il merito per
dirigere quello che dovrebbe essere l’ente preposto per la distribuzione di
pacchi e missive. Riuscirà la nostra eroina a far arrivare un pacco da una
città ad un’altra in meno di dieci giorni sette se si tratta della stessa
città? Non parliamo delle raccomandate o di una semplice posta. Ma la mission
della nostra presidentessa non è questa. La solfa è la medesima sia se a capo
c’è un maschio, un giovane o un vecchio Boiardo. Poste e Telecomunicazioni è un
ente per far cassa per dare servizi e con “la sua la presenza capillare sul
territorio, soddisfi le specifiche necessità della clientela tutta, nelle sue
molteplici articolazioni, con una ampia ed integrata offerta di servizi
costruiti sulle proprie competenze logistico/postali, finanziarie, di gestione
dei processi di "outsourcing".
E
a questo si atterrà la neo presidente.
Ma
vi diranno che il tempo delle mele è finito che una nuova alba sorgerà o sta
per sorgere o è già sorta.
E
noi ci crederemo.