- · Per recuperare l'evasione bisogna "costruire un rapporto di fiducia con i cittadini”
- · “ e spostare il carico fiscale per favorire crescita e lavoro".
Questi
, in sintesi il sunto del Padoan pensiero espresso nell’intervista a
Repubblica. Naturalmente è quel che io ho capito!
Padoan
non è il primo venuto. Senza fare la sua biografia è però sicuramente
l’incarnazione del pensiero, parole e fatti , insomma colui che detta l’agenda
economica del governo Renzi. La mente e le braccia di tutta la politica
economica di questo governo e che poi è essenzialmente la continuazione da
vent’anni a questa parte della politica dei guri economici europeisti . Non
proviene dalle file delle ragazze pon pon , ma è stato imposto a Renzi se voleva che le
sue aspirazioni prendessero forma e concretezza. “ Fai quel che vuoi, ma
l’agenda economica la dettiamo noi” Che poi “ quel che vuoi” era ridotto solo a
il modo con cui lo fai.
Uno
degli aspetti del Padoan “pensiero” sono nelle frasi che ha pronunciato.
Costruire
un rapporto di fiducia fra Stato e precisamente Fisco e cittadino. Naturalmente
gli ultimi fatti scoperti, il coperchio appena appena sollevato dai magistrati
, gli arresti e non solo per i politici, ma per i funzionari burocrati , non
agevola questo cammino ed è per questo che Padoan ricorre all’intervista , alle
parole per tappare la falla che con i fatti non può farlo. E questa fiducia ,
naturalmente, non può essere instaurata nemmeno se si guarda , senza occhiali,
alla realtà dei dati rilevati statisticamente riguardo alla popolazione che
paga le tasse, le paga tutte e riceve in cambio, servizi scarsi, inefficienti
per non dire nulli. Le imposte aumentano e i servizi sociali diminuiscono
affidandosi per quelli essenziali sempre più ai privati. Vuoi una visita medica con il SSN? Fra sei mesi, un anno? La vuoi
subito e nella stessa struttura convenzionata , ma pagando ? Vieni domani!
In
questa situazione , quale fiducia può avere il cittadino? E inoltre , son
vent’anno che tutti i governanti ci continuano a ripetere che “bisogna” fare “occorre” che è “necessario”, tutto quello che è palese e
sotto gli occhi di tutti. Ma mai nessuno ha mai speso un solo atto di governo
per giungere a tutto quello che a parole dicono che occorre che si faccia. Ma
se non lo fanno loro , che sono preposti a farlo chi mai dovrebbe farlo? Allora
delle due l’una. O ci raccontano balle e che tra il dire e il fare ci corrono
le fanfaluche, oppure non son capaci di farlo . La conclusione dovrebbero
essere una sola. La seconda parafrasi è quello che ripetono a iosa , e tanto ci
martellano tanto che alla fine ci crediamo anche noi.
La
distribuzione delle risorse prodotte, o per dirla in maniera “democrat” la
redistribuzione della ricchezza prodotta” di certo non farebbe male in termini
di equità e di giustizia sociale. Ma basterebbe questo a rimettere in cammino
una macchina produttiva inceppata, mai cosi inceppata nemmeno durante la crisi
del 1866 o quella del 1929? Ma certo che
no . Infatti entrambi le due crisi precedenti , le più catastrofiche del
sistema capitalistico furono entrambe risolte, ovvero superate storicamente ,
ma non certo come sistema non certo attraverso la redistribuzione delle
ricchezze prodotte ( ed allora , più che oggi, la ingiustizia sociale e la
differenziazione di classe ( in termini marxisti) era maggiore e più evidente
) E in più se si studia sia la
fenomenologia della genesi , le cause strutturali, di entrambe le crisi ( nasce
negli Usa e si estende poi come crisi finanziaria), sia lo svilupparsi (
ricorso al finanziamento estero da parte dei paesi con indebitamento ed aumento
vertiginoso del debito pubblico) ci si rende conto che furono ben più
importanti gli strumenti in termini politici ed economici che consentirono la
ricapitalizzazione ed accumulazione capitalistica distrutta dalla crisi e
l’innesco del processo di reindustrializzazione e di “crescita”.
Padoan
che è circondato da una fama di studioso ed esperto di economia, e i suoi
predecessori governativi di certo tutto questo lo sanno, lo avrebbero dovuto
studiare e non ho dubbi che siano vere entrambe le mie due supposizioni.
E allora perché ricorrono a
questi mezzucci verbali e fanfaluche dialettiche?
Perché
rispetto alle due precedenti epoche storiche, secondo me, vi sono vincoli che
allora non v’erano o erano più deboli.
Il vincolo europeista , o meglio , la dominanza
della Germania o meglio di un settore della borghesia tedesca nella politica
dell’Europa che ha imposto vincoli , leggi, trattati per avere e mantenere la
dominanza e la supremazia prima economica e poi politica fra tutti gli altri
paesi europei. Sarebbe troppo banale
trattare di come i vincoli della UE tendono a favorire i paesi di tendenza
germanica e a tenere sotto scacco tutti gli altri paesi. Sudditanza che è prima
economica e politica e poi ideologica verso tutte le altre borghesie nazionali
e dei loro rappresentanti politici. Tutto questo non consente di poter
sviluppare e poi attuare tutti quelli strumenti che da parte di tutti i
maggiori economisti non mainstream, chi più chi meno, chi in maniera più
radicale chi più addolcito, che partendo da posizioni prettamente marxiste chi
anche da posizione di economia classica liberale , ritengono necessario anzi
indispensabile per superare storicamente l’incepparsi della macchina produttiva
capitalistica. E la sudditanza è soprattutto ideologica, tanto che anche quei
settori della società che avrebbero dovuto sul piano teorico ed ideologico
contrastare questa visione si sono assoggettati agli interessi del capitale. Consentendo cosi una sconfitta morale oltre
che ideale. La sussunzione del lavoro al capitale è completa . Parole d’ordine
e valori che sono ed appartengono al movimento dei lavoratori sono stati accaparrati
dal capitale e dai suoi rappresentanti stravolgendone il contenuto e lasciando
solo la forma