TARANTO - Grave incidente sul lavoro all'Ilva, vittima
un autotrasportatore di 57 anni. L'infortunio è accaduto nel Magazzino generale
dove Teodoro Tamburiello, di Venosa (Potenza), aveva fatto scaricare il
materiale che trasportava a bordo del suo camion (manufatti in cemento). L'uomo
era sul cassone, le operazioni di scarico erano quasi finite - si apprende da
fonti sindacali - quando il 57enne, spostandosi sul bordo del cassone, ha perso
l'equilibrio, è probabilmente inciampato, ed è finito a terra sbattendo
violentemente il volto. La caduta gli ha procurato una copiosa perdita sangue.
Subito soccorso, Tamburiello è stato trasportato in ospedale. Gravissime le sue
condizioni. L'uomo è nel reparto di rianimazione in coma
Crollo del palco di Laura Pausini: 7 indagati per omicidio colposo
Crollo del palco di Laura Pausini: 7 indagati per omicidio colposo
A poco più di due anni dall'incidente che causò la morte
di Matteo Armellini la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio
Calabria ha chiuso nei giorni scorsi le indagini decidendo di chiedere il
rinvio a giudizio e quindi il processo per sette persone alle quali viene
contestato il reato di omicidio colposo e il mancato rispetto della normativa
sulla sicurezza durante la fase di costruzione del palco sul quale, il 5 marzo
2012, si sarebbe dovuta esibire Laura Pausini all'interno del Pala Calafiore di
Reggio Calabria.
L'avviso di conclusioni delle indagini preliminari è
stato notificato a sette persone coinvolte a vario titolo nell'organizzazione e
nella realizzazione di quel tragico evento, tra cui i rappresentanti legali
delle due società committenti dell'opera; i vertici della società costruttrice
incaricata; l'ingegnere che ha curato la redazione del progetto di costruzione
della struttura; il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori e
infine un dirigente del comune di Reggio Calabria.
A diffondere la notizia sono stati Paola Armellini, madre
di Matteo, e il suo avvocato Alicia Mejía Fritsch. Entrambe auspicano che entro
breve tempo il Pubblico Ministero possa esercitare l'azione penale nei
confronti di tutti coloro che in maniera diretta o indiretta abbiano
contribuito alla morte di giovane rimasto vittima del crollo del palco.
La morte di Armellini non fu l'unica all'interno
dell'industria dei tour.
Qualche tempo prima a Trieste, durante il tour di
Jovanotti, morì il giovanissimo montatore Francesco Pinna in un incidente
analogo.
24 aprile cassazione roma thyssenkrupp
Mercoledì 02 Aprile 2014
Con dolore abbiamo, poi, accolto la sentenza di II grado
che, pur confermando la responsabilità degli imputati, li ha accomunati tutti
nella responsabilità per omicidio colposo, riducendo le pene irrogate.
Ora, sui ricorsi proposti dal Procuratore Generale di
Torino e dagli imputati, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha
assegnato la decisione alle Sezioni Unite, per la delicatezza del caso in
esame, e su questa decisione concordiamo; ma ciò che ci ha preoccupato é stato
il fatto che é stato nominato come Relatore del processo un Giudice che più
volte, in passato, si era espresso in pubbliche occasioni quali convegni, e con
scritti, proprio su alcuni dei temi in discussione, assumendo una posizione, in
tema di determinazione dei confini della colpa nei processi per infortunio sul
lavoro e per malattie professionali che certamente non garantisce una serena e
non prevenuta partecipazione di quel Giudice a un giudizio così delicato, per i
risvolti che certamente avrà non solo sul processo in corso, ma anche su future
situazioni analoghe, in cui si verterà su identiche questioni.
Preoccupate da una simile scoperta, abbiamo pensato di
segnalare la situazione al Presidente della Repubblica ed al Primo Presidente
della Corte di Cassazione, sollecitando un loro intervento che evitasse che su
quel processo potessero addensarsi delle ombre; il Presidente della Repubblica
ci ha onorato della sua risposta, attraverso una lettera del Segretario
Generale Dott. Carbone che, pur
spiegando che il Presidente della Repubblica non aveva competenze sulla
questione, ci informava di avere anch'egli trasmesso al Primo presidente della
Cassazione la nostra richiesta di intervento; viceversa, nessuna risposta ci é
pervenuta dal Primo Presidente.
In un estremo tentativo di giungere al processo in
condizioni di serenità, senza timori o sensazioni di dubbio, abbiamo pensato di
rivolgerci direttamente al Consigliere Relatore, cui abbiamo indirizzato una
lettera nella quale nel dare atto delle sue riconosciute doti di
professionalità e di correttezza, abbiamo tuttavia sottolineato la nettezza
delle posizioni da lui assunte in tema di responsabilità dei datori di lavoro
in processi per infortuni sul lavoro e/o per malattie professionali, e proprio
per questo, lo abbiamo pregato di volersi astenere dal partecipare a quel
giudizio, per di più in un ruolo così importante come quello del Relatore.
Nemmeno in questo caso abbiamo avuto risposta alcuna.
A questo punto, non ci resta che segnalare la situazione
agli organi di stampa, perché l'opinione pubblica possa valutare la situazione.
Ci teniamo a fare chiarezza su un punto.
Abbiamo sempre nutrito e continuiamo a nutrire la massima
fiducia nella giustizia, nella capacità di giudizio del Collegio e nemmeno
contestiamo, ovviamente, la libertà di giudizio del Consigliere Relatore;
riteniamo, però, che il Giudice debba essere ed apparire neutrale e
trasparente, senza nemmeno un'ombra di possibile sbilanciamento verso una delle
parti; viceversa, la lettura di pubblicazioni del Consigliere Relatore e
l'esame di suoi interventi in pubblici convegni destano in noi forti perplessità e preoccupazioni; ricordiamo
solo, sul punto, come quel Giudice sia sostenitore di quella tesi detta del
"danno consentito", vale a dire di un danno insito in un'attività
produttiva, in tutto o in parte
ineliminabile; quel Giudice, poi, ha sostenuto l'esigenza di un atteggiamento
meno rigorista, in tema di responsabilità per colpa del datore di lavoro,
criticando anche la giurisprudenza prevalente della Suprema Corte di Cassazione
accusata di una visione in cui "penetrano le esigenze di tutela, le
istanze risarcitorie, il moralismo che per definizione ha tanta parte nel
concetto stesso di colpa. Penetra forse la voglia dei giudici di
condannare".
Ripetiamo: Non è in discussione, ovviamente, il diritto
del Consigliere Relatore di sostenere le proprie posizioni e di battersi perché
le stesse si affermino; ciò che vogliamo, con forza, sottolineare è
l'inopportunità della sua designazione a Relatore nel processo che si terrà
avanti la Corte di Cassazione a Sezioni Unite e di futuro estensore della
sentenza, e ciò in considerazione delle opinioni apertamente manifestate e
delle posizioni costantemente assunte in materia di responsabilità nella
specifica materia della sicurezza sui luoghi di lavoro; proprio la delicatezza
del processo, segnalata dallo stesso Primo Presidente della Corte di Cassazione
sconsigliava e sconsiglia, a nostro modesto, ma convinto, parere, una simile
scelta che appare contraria a quei principi di neutralità, terzietà e
trasparenza dei giudici che devono caratterizzare lo svolgimento dei processi.
Noi abbiamo la massima fiducia nella giustizia e proprio
per questo chiediamo un processo equo, celebrato da Giudici che siano ed
appaiano imparziali anche nei confronti delle vittime.
Delle nostre perplessità e preoccupazioni desideriamo che
sia informata l'opinione pubblica.
AMIANTO, CI RESTA SOLO LA MAGISTRATURA?
E’ iniziato ieri, davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP)
di Padova dott.ssa Cavaggion, il secondo procedimento contro la Marina Militare
per morti da amianto (Il primo è in attesa di sentenza davanti alla Corte
d’Appello di Venezia). Le associazioni che si sono presentate parte civile, fra
cui Medicina Democratica e AIEA (associazione italiana esposti amianto) difese
dall’avv. Laura Mara, sono state accolte.
Sempre ieri è continuato il processo al Tribunale di Belluno, sempre
per amianto, contro la Turbo spa (manutenzione di turbine di centrali
elettriche), dove AIEA, ancora una volata è parte civile con l’avv.Edoardo Bortolotto. Hanno testimoniato alcuni lavoratori
ex esposti.
Il 24 marzo invece si è pronunciato il Consiglio di Stato
in un procedimento promosso da AIEA con l’avv. Alessandra Mari e da AEA Friuli Venezia Giulia oltre alcuni
lavoratori ex esposti all’amianto. Tale procedimento aveva per oggetto la sospensione di un decreto che impediva
agli aventi diritto di ottenere i cd benefici previdenziali per centinaia di ex
esposti all’amianto soggetti ad una serie di atti di indirizzo ministeriali. Il
Consiglio di Stato ha dichiarato il difetto di giurisdizione, in altri
termini non competente a decidere. Il
ricorso presentato nel 2008 (con una prima sentenza favorevole ai ricorrenti
nel 2009 d parte del TAR del Lazio), avrebbe dovuto essere rivolto al giudice
ordinario da parte dei singoli lavoratori ex esposti interessati.
Infine, in data odierna, il Coordinamento delle
Associazioni, ha inviato una lettera al Sig. Presidente del Consiglio ed in
contemporanea ai Sigg. Presidenti del Senato e della Camera, nonché ai Sigg. Ministri della Giustizia, del Lavoro, dell’Ambiente e della
Salute al fine di chiedere l’approvazione del Piano Nazionale Amianto,
predisposto dal governo nel 2013, ma sospeso per mancanza di finanziamenti,
nonché per chiedere che le proposte di legge sull’amianto presentate al Senato
della Repubblica (Casson e altri n. 8/2012) e alla Camera dei Deputati (Antezza
e altri n. 1583/2013) siano discusse e approvate. Altresì per risolvere opportunamente una serie di problemi
concernenti i vari ministeri interpellati. E’ stato in proposito chiesto un
incontro ai ministri per entrare nel merito.
Processo Riva e soci, inizia il 19 giugno - operai ilva, lavoratori cimiteriali e i cittadini dei Tamburi parte civili
Il giudice per udienze preliminari Vilma Gilli, ha stabilito la data per la prima udienza Un maxiprocesso che, anche nei numeri, è un evento epocale per la città eternamente divisa tra lavoro e salute. A testimoniarlo c'è anche il numero mastodontico di parti offese individuate dalla Procura: tra abitanti del quartiere Tamburi, allevatori, mitilicoltori, operai, parenti dei lavoratori morti in fabbrica come Francesco Zaccaria e Claudio Marsella, associazioni ed enti istituzionali il numero di persone, fisiche o giuridiche, danneggiate dalle emissioni nocive della fabbrica. L'attuale Palazzo di giustizia di Taranto non ha aule in grado di accogliere un numero così elevato di persone e quindi dopo il vano tentativo di utilizzare l'ex aula bunker che ospitò i maxi processi alla mafia di Taranto a cavallo tra gli anni '80 e '90, il tribunale ionico ha dovuto cambiare strada individuando nella palestra che si trova nella caserma dei Vigili del fuoco, come luogo idoneo per celebrare le udienze".
La Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori organizza la costituzione di parte civile di operai ilva-operai ditte appaltoIlva, lavoratori cimiteriali, cittadini dei tamburi in forma associata - sull'esempio del processo Eternit, Vogliamo che operai e cittadini pesino durante tutto il processo, perchè Riva e gli altri responsabili paghino e i lavoratori e gli abitanti vengano risarciti.Vogliamo con la presenza compatta di centinaia di operai Ilva, lavoratori cimiteriali , gente dei Tamburi, alle udienze che si terranno, far uscire il processo dal chiuso delle aule giudiziarie e dalla delega alla magistratura(di cui non ci fidiamo) e far sentire in ogni momento il "fiato sul collo" a chi ha fatto ammalare e morire.
La prima vicenda giudiziaria si chiuse nel 2010 senza
risultati. Ora un nuovo fascicolo sulle gare d'appalto per l'adeguamento della
discarica che dovrebbe ospitare il materiale cancerogeno prodotto fino al 2003
dall'azienda. I cui manager hanno ripreso la produzione in Uruguay di Renzo
Parodi | 24 marzo 2014 Sulla Stoppani, l'azienda che per un secolo ha prodotto
il micidiale cromo esavalente a due passi dal mare di Cogoleto (cittadina alla
frontiera ovest di Genova), esplode l'ennesima "bomba". A scoppio
ritardato, perché la Stoppani dal 2003 ha cessato la produzione. Eppure non ha
smesso di rappresentare una minaccia serissima per la salute e l'ambiente,
terrestre e marino. Il sito industriale dismesso infatti è zeppo di scorie di
cromo esavalente, una sostanza altamente tossica e cangerogena. Non si è
riusciti a disfarsene perché - spiegano all'assessorato regionale all'ambiente
- la discarica di Molinetto era stata chiusa perché non rispondeva agli
standard di sicurezza. Il procuratore della Repubblica di Genova, Michele Di
Lecce, conferma a ilfattoquotidiano.it l'esistenza dell'inchiesta: "Gli
accertamenti sono in corso già da tempo. No, non ci sono indagati".
L'Europa aveva aperto una procedura di infrazione. Proprio sul sito di
Molinetto si sono accesi i riflettori della Procura genovese che ha aperto un
fascicolo contro ignoti. L'ipotesi investigativa è che la gara di appalto sia
stata ritagliata su misura per favorire qualcuno. E non si esclude che il
favore sia stato ripagato a suon di tangenti.
L'antefatto. La Regione Liguria ha stanziato 2,7 milioni
di euro per mettere in sicurezza il sito di Molinetto, per decenni utilizzato
dalla Stoppani come pattumiera di rifiuti tossici e abbandonato nel 2007. Il
denaro stanziato dalla Regione Liguria è molto meno di quello che occorre per
la messa in sicurezza del sito sulle alture di Cogoleto. Si autorizza allora,
oltre alla discarica di 54mila metri cubi provenienti dall'ex fabbrica Stoppani
(18mila dei quali di materiale pericoloso frammisto alla terra del'arenile), lo
sversamento di 50mila metri cubi di materiale contenente amianto, proveniente
da scavi ferroviari. L'escamotage consentirà a chi si aggiudicherà l'appalto di
fare cassa, colmando la differenza tra il finanziamento regionale (2,7 milioni
di euro) e i costi dell'intervento complessivo (8,6 milioni di euro), che
comprendono la demolizione di alcuni manufatti sull'area della ex fabbrica.
Cecilia Brescianini, vicecommissario per la Stoppani precisa che chi si
aggiudicherà l'appalto avrà 30 mesi di tempo per colmare la discarica che dovrà
essere coperta da un involucro
(capping) per evitare il filtraggio dei percolati. Il
caso Molinetto scatena la bagarre politica. Interrogazioni piovono dovunque, in
Regione, al Parlamento di Roma a quello di Strasburgo. E la procura genovese,
in silenzio, indaga.
"Sono stata un'ingenua - ammette parlando a
ilfattoquotidiano.it l'assessore all'ambiente, Renata Briano, piddina di
orientamento civatiano - Ho citato gli scavi in galleria per la realizzazione
del Terzo Valico. Ma era soltanto un esempio. E comunque quei materiali sono
innocui perché l'amianto non è in forma di fibre libere, si trova all'interno
della roccia". Il Cociv, il consorzio che realizza i lavori per il Terzo
Valico ferroviario tra Liguria e Piemonte, aveva immediatamente reagito alle
dichiarazioni di Briano, puntualizzando che l'utilizzo del sito di Molinetto
non è mai stato preso in esame per lo smaltimento dello smarino prodotto dalle
trivellazioni per le gallerie e non fa parte della convenzione firmata dalla
Regione. Una excusatio non petita?
Dall'inchiesta penale, condotta dal sostituto procuratore
Francesco Cardona Albini, l'assessore Briano prende le distanze: "Non ne
so nulla. Il bando di gara è stato pubblicato dalla Regione, ma non è farina
del nostro sacco". In effetti l'appalto è stato lanciato dall'ente
commissariale che era subentrato nel 2007 alla Stoppani. Il commissario, il
prefetto di Genova Giovanni Balsamo, in una lettera pubblicata dal Secolo XIX,
ricapitola gli eventi dopo il fallimento della Immobiliare Val Lerone, la
scatola vuota con la quale la Stoppani riuscì ad evitare di pagare i danni
provocati nei decenni. Riversando sullo Stato gli onori della costosissima
bonifica dei siti inquinati dal cromo esavalente. Lo Stato finora ha speso 52
milioni di euro per ridurre l'inquinamento delle acque di falda, dove la
presenza di cromo è scesa - certifica Balsamo - da 35.000 gr/l a 10.000 gr/l
nel 2013.
E'
qualcosa, ma assai poco. Sgomberato il relitto della
fabbrica dalle scorie che ancora lo deturpano, l'area resterà gravemente
inquinata e quindi inutilizzabile. Serve un miliardo di euro per la bonifica
radicale e quei soldi non ci sono. La famiglia Stoppani in compenso non ci ha
rimesso un euro.
Il management della Stoppani era finito a processo per
disastro ambientale.
L'accusa era retta dallo stesso pm che indaga su
Molinetto. La vicenda giudiziaria si era chiusa nel 2010 con un nulla di fatto.
Due dirigenti condannati, ma salvi grazie alla prescrizione. Uno di loro,
l'uomo di fiducia della famiglia Stoppani, Giuseppe Bruzzone - ha scoperto Il
Secolo XIX - oggi è amministratore unico della Dirox Italia srl, la branca
italiana dalla multinazionale con la quale il gruppo Stoppani ha ripreso la
produzione del cromo in Uruguay. Intervistato, il giudice uruguayano Enrique
Viana ha raccontato di aver chiesto al tribunale di Montevideo già nel 2008 di
chiudere la fabbrica che sorge alle porte dalla Capitale. Richiesta negata e
giudice bollato come "allarmista". Risultato: la Dirox continua a
produrre ed inquinare e - conclude Viana - "tutto avviene con la
tolleranza delle autorità. E' un disastro che dovremo pagare di tasca nostra
quando Dirox deciderà, se deciderà, di andarsene". La storia uruguaiana
ricalca quella della Stoppani di Cogoleto. I cittadini di Arenzano e Colgoleto
e gli ambientalisti in lotta per decenni contro l'azienda, autorizzata a
sversare in mare i fanghi al cromo. E la politica a ballonzolare sul filo senza
assumere decisioni nette.
Probabilmente a causa della rottura di una delle catene di sollevamento, il cestello si è piegato rimanendo sospeso nel vuoto e determinando la caduta del lavoratore. Il 28enne è stato soccorso e portato all’ospedale «Santissima Annunziata», dov'è attualmente ricoverato. Sull'episodio indagano i funzionari dello Spesal, il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asl.
Poche settimane fa l'ennesimo incidente al siderurgico: un giovane di 20 anni ha subito l'amputazione di una gamba a seguito del ribaltamento di un muletto.
Un anno fa, il 28 febbraio, proprio nel reparto cokerie precipitava, e purtroppo quella volta, moriva l'operaio Ciro Moccia, dipendente diretto dell'Ilva.
LA DINAMICA DEGLI INFORTUNI MOSTRA CHIARAMENTE CHE NON SI FA LA MESSA IN SICUREZZA DEGLI IMPIANTI MA NON SI FA NEANCHE LA MANUTENZIONE ORDINARIA. GLI OPERAI RISCHIANO LA VITA ANCHE PER LA "ROTTURA DI UNA CATENA DI SOLLEVAMENTO"...
L'azienda attiva nuove procedure che sono in realtà più catene per un intervento immediato (Il SIL deve verificare nella prime 24 ore dalla denuncia la sua fondatezza, e nelle successive 24 ore il responsabile di area e il caporeparto devono individuare gli interventi necessari a rimuovere i fattori di rischio denunciati... e per l'intervento concreto bisogna ancora spettare...); Bondi scarica tutto sulle ditte dell'appalto, minacciando l'esclusione dall'assegnazione di appalti se non rispettano le regole della sicurezza (della serie: il bue dice cornuto all'asino); ma poi non si cambia una catena di sollevamento... o non si rimuove una passerella vecchia e improvvisata (come fu per la morte di Ciro Moccia).
ANCORA UNA VOLTA SI GIOCA CON LA VITA DEGLI OPERAI!
La difesa: "nessuna sostanza cancerogena"
27/02/2014
"Nessuna delle sostanze contenute nelle acque ad uso potabile distribuite daSolvay è cancerogena". E' quanto ha sostenuto il consulente della difesa
Solvay all'udienza del processo contro otto ex dirigenti e amministratori
delle aziende del Polo chimico di Spinetta Marengo. Il Pm ribatte sugli
investimenti che l'azienda sostiene di aver fatto: "solo una minima parte è
servita a cercare le perdite"
ALESSANDRIA - "Nessuna delle sostanze contenute nelle acque ad uso potabile
distribuite da Solvay è cancerogena". Né il cromo esavalente, né i
clorurati. E' quanto ha sostenuto il consulente della difesa Solvay
all'udienza del processo contro otto ex dirigenti e amministratori delle
aziende del Polo chimico di Spinetta Marengo, sotto accusa per omessa
bonifica e inquinamento della acque. Il perito Tommaso Dragani,
dell'Istituto tumori di Milano tenta di smontare pezzo per pezzo, partendo
dalla credibilità, quanto aveva sostenuto invece il consulente dell'accusa
professor Gilli nella sua relazione. Un muro contro muro, sempre più alto,
tra accusa e difesa. Dragani non solo insiste sulla "non cancerogenicità
delle sostanze", ma mette anche in discussione la metodologia adottata da
Gilli nel presentare l'analisi di rischio.
Posto che esistono cinque gruppi di "rischio", dalle sostanze cancerogene a
quelle "probabilmente non cancerogene", solo due di quelle presenti nelle
acque provenienti dal polo chimico e destinate ad uso umano potrebbero
essere classificate come "probabilmente cancerogene" (il livello 2): il
cromo esavalente e il tricloroetilene, "presenti in ogni caso in
concentrazioni entri i limiti di legge sulla potabilità". I dati che
sforavano, secondo il perito della difesa, "si riferivano ad acque ad uso
industriale o irriguo. Il cromo esavalente, secondo il perito che cita studi
e metodologie sul tema, "risulta cancerogeno solo per inalazione e non per
ingestione". Dormiranno sonni più tranquilli gli abitanti di Spinetta? Ai
margini della deposizione di Dragani, gli avvocati di parte civile fanno
presente che, anche qualora non risultassero cancerogene, per dimostrare
l'avvelenamento basta che le sostanze siano "dannose per la salute", e
provochino malattie croniche o comunque alterino la salute dei cittadini. E
poi c'è "l'effetto cocktail" di cui aveva parlato sempre in udienza il
consulente delle parti civili professor Ugazio per cui una singola sostanza
potrebbe non avere effetti gravi, ma più sostanze insieme sì. E nella acque
di Spinetta ne sono state rilevate una ventina.
Potrebbe essere questa la carta che tirerà fuori l'accusa durante il
controinterrogatorio, previsto per la prossima udienza (il 3 marzo).
Due le componenti che sarebbero alla base della relazioni di Dragani: la
concentrazione e l'esposizione prolungata. Fattori che mancherebbero a
Spinetta. "Anche il sole, preso indosi eccessive, fa male", è la tesi del
consulente.
Nel corso dell'udienza di ieri, intanto, si è tornati anche a parlare degli
investimenti che Solvay avrebbe messo in campo per contrastare la
contaminazione.
Ma "L'80% dei fondi che Solvay ha affermato di aver impegnato per la ricerca
delle perdite della rete idrica (circa 4,5 milioni) è stato speso per
manutenzione ordinaria o sostituzioni tecniche e non specificamente per
ricercare le perdire dell'impianto che causavano l'alto piezometrico",
rileva il pubblico Riccardo Ghio durante il contro interrogatorio al perito
della difesa ingegner Messineo
Per Solvay l'azienda avrebbe fatto tutto il possibile, anzi di più, per
rimediare ad una situazione di inquinamento pregresso che avrebbe ereditato
da Ausimon, inconsapevolmente.
Per la procura, ci fu invece, l'intenzione di "nascondere" sotto il tappeto
un bel po' di polvere.
E comunque, sempre secondo la difesa, Solvay non sapeva o venne a conoscenza
solo nel 2004 della reale situazione.
Sevel: ancora un incidente sul lavoro!
Chieti - lunedì, 24 febbraio 2014
Dopo un incidente sul lavoro, le parole e le frasi fatte sono sempre troppe
rispetto al tempo che si dovrebbe dedicare alla riflessione, non ci si
chiede mai il perché degli incidenti e troppo spesso in modo frettoloso lo
si attribuisce alla fatalità.
Mercoledì notte alla Sevel di Atessa, fabbrica del gruppo Fiat che produce
il "Ducato", è accaduto un incidente sul lavoro, un operaio della logistica
è stato investito da un collega durante una manovra, adesso si trova
ricoverato in prognosi riservata in neurochirurgia presso l'ospedale di
Pescara in gravi condizioni.
PROCESSO AMIANTO AL PETROLCHIMICO DI RAVENNA
SCATTA LA VERGOGNA DELLA PRESCRIZIONE PER I REATI DI OMICIDIO COLPOSO E
LESIONI COLPOSE PER ALCUNI DIRIGENTI, RESTA IN PIEDI PER TUTTI L'ACCUSA DI
DISASTRO COLPOSO.
Oggi si è tenuta a Ravenna la terza udienza preliminare per il processo a
carico di 21 dirigenti ENI accusati a vario titolo di omicidio, lesioni e
disastro colposi. Erano presenti in aula una sessantina tra operai e parenti
dei deceduti, assenti tutti gli imputati. La scorsa udienza (6 febbraio)
erano state esposte dal PM Ceroni e dagli avvocati di parte civile, le tesi
per cui si sarebbe dovuto procedere con le imputazioni ascritte ai vari
dirigenti ENI. Oggi è stata la volta delle arringhe difensive da parte del
collegio di difesa composto da vari principi del foro(da segnalare Grosso di
Torino; Maspero ,Lucibello e Simoni di Milano e Bolognesi di Ferrara). Le
tesi difensive si sono snocciolate su due punti fondamentali: la
prescrizione dei reati poiché avvenuti venti e più anni addietro e poi sulla
estraneità ai fatti da parte degli imputati, poiché nei vari interventi
succedutesi, volevano rimarcare l'assenza di responsabilità dei dirigenti,
che a loro dire non avevano compiti di gestione delle operazioni (che invece
sarebbero toccati ai preposti alla salute e alla sicurezza) ma avevano solo
compiti di dirigenza ed organizzazione della produzione. Addirittura secondo
l'avvocato Bolognesi, del fatto che nell'organigramma aziendale non ci
fossero i preposti per la sicurezza, non è possibile accusare i vertici
aziendali, ma eventualmente l'azienda stessa. Però, aggiungiamo noi,
probabilmente anzi sicuramente, i dirigenti gestivano loro l'organizzazione
del lavoro e delle produzioni, ed in quanto gestori dovevano pur prevedere
ed organizzare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, visto che le
norme di tutela esistono già dalla nascita della Repubblica italiana e sono
sancite anche nella Costituzione. Quindi se uno è responsabile dello
stabilimento, è anche direttamente responsabile di quel che accade al suo
interno sia in materia produttiva, organizzativa ed anche del rispetto e
della tutela della sicurezza e della salute. Ma a tutto ciò non ci sarà mai
risposta dallo stato italiano poiché per alcuni imputati sono già
intervenuti i termini di prescrizione per i reati di omicidio colposo e
lesioni colpose e per gli altri maturerà durante l'iter processuale. Per la
legge italiana il conteggio per la prescrizione scatta quando viene
diagnosticata la malattia e non quando ci sia l'aggravamento o il decesso,
quindi si può legittimamente affermare che questo è un bel colpo di spugna
sulle responsabilità di chi dovrebbe tutelare la salute e la sicurezza negli
ambienti lavorativi. Il GUP Farinella ha dichiarato il rinvio a giudizio
degli imputati. Tale tesi segue l'onda del processo Eternit di Torino che
acclara il disastro ancora in atto poiché l'insorgenza delle malattie ed i
decessi sono ci sono tutt'oggi . Da notare che una della parti civili (i
parenti di un operaio deceduto) si è fatta escludere dalla costituzione di
parte civile. Avranno raggiunto un accordo con l'azienda per un
risarcimento? questo è quello che vociferavano gli operai presenti. L'eventuale
condanna per disastro colposo darebbe luogo ai risarcimenti per tutte le
parti civili, che probabilmente avranno dei soldi ma sicuramente non avranno
giustizia piena a causa della prescrizione che quasi sempre assicura
impunità ai potenti. La prossima udienza con l'inizio del dibattimento si
svolgerà sempre a Ravenna il 25 giugno prossimo. Riporteremo l'evolversi
del processo sul blog.