A proposito di referendum sull'Euro



Considerazioni dopo il seminario/convegno "UNIONE EUROPEA: crisi democratica e crisi economica"

Che questa fosse una emerita sciocchezza ne avevo avuto sentore a livello epidermico. Ma sopratutto era una questione pratica ed una empirica. Le questione che mi facevano "arrizzicare le carni" ogni volta che qualcuno ne esternava la possibilità o la necessità erano che ammesso che l'Europa ossia la triade ( Consiglio europeo, Commissione europea e BCE ) ne avessero consentito lo svolgersi ( Grecia docet) cosa assolutamente improbabile più che impossibile, immediatamente dopo i mercati si sarebbero scatenati e in quel paese sarebbe scoppiato una tempesta monetaria nonché borsistica degna solo di un ricordo apocalittico. Avrebbero non solo portato ad una massiccia sconfitta decretando la fine per sempre di un sogno, ma addirittura avrebbe scatenato la repulsione verso tutti i supposti e reali nemici della moneta unica.
Non solo! Ma nella nostra Storia patria lo strumento del referendum non ha nessun valore fattuale, ma solo simbolico, Esempi ne sono a valanghe. Primo fra tutti quello sull'Acqua e sui beni comuni, quello del finanziamento pubblico ai partiti e via di questo passo. E non si può nemmeno portare a scusante che dietro non vi era un movimento di massa perché le cifre sull'affluenza e la percentuale dei si ( il 96% riferito al referendum sull'Acqua Pubblica) stanno a smentire.

L'altra questione era che il semplice referendum ammesso che fosse stato vinto, nell'istante successivo si sarebbe posto l'eterno dilemma del Che fare? e sopratutto "Chi fa cosa? Ossia il problema di chi e come avrebbe gestito l'uscita dall'Euro con quali politiche e con quali strumenti.

Perché l'uscita dall'Euro al di là dello slogan presuppone, scusate la prosaicità, anche come si esce. Gli economisti sia embedded che no, ce lo dicono direttamente e anche indirettamente. Vi sono due possibili uscite uno da destra e una da "sinistra" Infatti lo slogan Uscire dall'Euro viene indistintamente coniugato sia da Casa Pound che da PCarc, sia da quelli che vogliono la decrescita sia dai grillini. ( ammesso che sia volontà reale o solo semplicemente un "talking shop") Non mi soffermerò nell'esporre le mie supposizioni su cosa voglia dire uscire da destra o da sinistra. Ciò richiederebbe troppi byte e non è il caso, in questo momento.

Ma detto tutto ciò ho avuto la conferma che oltre ad essere un mio prurito epidermico quella sensazione di "sciocchezza" , mi è stata confermato anche da un punto di vista tecnico giuridico. Ieri infatti al seminario No Debito il costituzionalista Ferrara con la sua notoria semplicità di linguaggio e pacatezza ha smontato ogni possibile ipotesi di legalità ed ammissibilità di un referendum che mettesse in discussione sia il trattato del Fiscal-compact sia in generali i trattati europei. Intanto perché in questi trattati non è prevista la possibilità di poterne uscire, intanto perché la nostra costituzione ne vieta la fattibilità , divieto sancito anche e sopratutto andando anche oltre , dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1984 definita sentenza LaPergola (http://www.giurcost.org/decisioni/1984/0170s-84.html) non solo ne vietà la possibilità, ma sancisce che gli stessi possono avere anche la facoltà di poter modificare gli stessi dettami della Costituzione nell'ambito dei rapporti fra stati.
Ma Ferrara leggendo anche le conseguenze contenuti negli stessi trattati e norme giuridiche ha anche evidenziato( a mio parere) una verità che è non solo politica, ma che diventa anche tecnica. Che la contestazione anche solo sul piano giuridico delle norme europee e le stesse non potranno essere smontate se non attraverso una coalizioni e coacervo di forze necessariamente a base europea.
Ora per la "sinistra", smontata questa strada ritorna ancora drammaticamente il leit motiv. Evitare di prendere o pretendere di avere in tasca la scorciatoia che possa evitare la vera questione di come si costruisce l'alternativa , ma sopratutto con quale piattaforma e con quali forze.