L'ufficio immigrazione della Prefettura è il simbolo dell'inefficienza
della burocrazia e dello Stato Italiano. A Roma , per la precisione. La
badante , Lucia, é in coda dalle 7 del mattino. Gli uffici aprono alle
nove, ma quando si presenta le dicono che la fila non vale piu' .
Naturalmente l'appuntamento , alle 10, non vale . E' solo pro forma. Per
far vedere che si riceve per appuntamento. In realtà chi prima arriva
prima alloggia, In culo alle prenotazioni! E' necessario che sia il
datore di lavoro a fare la fila e non il richiedente del permesso di
soggiorno.
Mi chiama al telefono e mi precipito in Prefettura. Riguardo i
documenti che ho con me, cosi coma da lista inviatami, e c'è tutto . La
delega di mia madre, il contratto di lavoro sottoscritto i bollettini
INPS pagati, le buste paga ecc ecc . C'è la fila e quindi mi metto
pazientemente ad aspettare. Dò un'occhiata intorno e vedo tutte facce
africane, donne con bambini a tracolla, giovani , penso tunisini o
marocchini dal volto meno scuro, linguaggi , parlate accenti da Babele.
Finalmente è il mio turno entro in uno stanzone e vi sono alcuni
tavolini da pic nic. La giovane alla quale mi presento si vede che vuole
fare in fretta e con una parlantina veloce e succinta mi dice qualcosa.
Ad intuito capisco che vuole la lettera di prenotazione, la presento,
presento la delega, mi dice qualcosa che non capisco, me la ripete,
ancora non capisco. La sala è grande c'è l'eco e la sua aria sbrigativa,
quasi saccente rende tutto poco interpretabile. Finalmente ci
intendiamo, cercando di restare calmo e di essere portatore di
comprensione . Mi dà un numeretto e mi dice di andare in un'altra sala.
Ancora piu' grande, ancora piu' affollata. Nella parete di fronte c'è un
grande monitor , ai lati due piu' piccoli, ma sono tutti spenti. Tre
pannelli a led sono spenti anch'essi. Si vedono solo dei tratti di
sottolineatura , ma nessuna lettera nè numero. In realtà le sale sono
due intercomunicanti. Nella seconda c'è una porta a vetri dalla quale si
intravedono dei tavolini con impiegati e persone sedute. Da questa esce
un impiegato, di tanto in tanto, che chiama con voce stentorea e con
tono stanco. "P23" Sono quindi costretto ad avvicinarmi nella
seconda sala come tutti d'altronde, per cui alla fine di tutto quello
spazio a disposizione tutti si accalcano nella seconda delle sale ,
lasciando la prima praticamente vuota. Il mio numero incomincia con la
lettera "E". Sarà la tipologia della pratica, mi dico, ma non so qual'è
l'ultimo numero chiamato e quindi non so , ancora, quanto tempo ho a mia
disposizione. Lucia, è emozionata, lo si vede dagli occhi lucidi e
dalle mani che tremano. E' in ansia. Tranquilla le faccio. Prendiamo un caffè, anzi un caffè per me e un orzo per te che non bevi caffè.
Avevo visto un distributore automatico. Cerco spiccioli e ci
incamminiamo. Ma come i monitor, come il display a led il distributore
non funziona. Meno male che il display interna avvisa di non mettere
soldi!. Non ci resta che aspettare .....o piangere come diceva il buon
Troisi. Finalmente Lucia trova una Ucraina, come lei e del suo stesso
paese. La vedo che discorre tranquillamente. Meno male! , mi dico. L'impiegato esce e chiama E10
Io ho E25 Ho ancora da aspettare. La mia mente matematica si mette in
moto. faccio la media dei numeri che mancano il tempo per ogni numero Ho
due ore, due ore e mezzo di attesa. Ma il calcolo salta perché ogni tre
numeri c'è ne uno che sopravanza perché invalido e poichè la maggior
parte dei datori di lavoro sono invalidi ( a meno di quelli con delega
come me), ecco che il calcolo si va a farsi benedire. Lo rifaccio
tenendo conto che ogni tre ne devo aggiungere un altro. Il risultato è
sconfortante! Non so cosa fare. Lucia chiacchiera con la sua amica e io
gironzolo per lo stanzone. Il pavimento sopraelevato è sconnesso, i
condizionatori in alto non funzionano, sono spenti e quelli a livello di
pavimento fanno un rumore che mi ricordano la mia due cavalli degli
anni '70 con la quale tentai di fare un viaggio fino a Rimini , ma a
Foggia la dovetti abbandonare sul ciglio della strada e arrivare a
destinazione in autostop. Quei condizionatori non credo che farebbero
gli stessi kilometri della mia due cavalli, tutta dipinta con fiori e
uccelli ! E25 ! sento chiamare Chiamo Lucia. Entriamo.
L'impiegato, si sente che è meridionale, campano credo, sciorina i
documenti, e a volte io a volte Lucia li porgiamo. Lui annota , li da
uno sguardo veloce, e li mette in una cartellina. Siamo alla fine. Il
volto di Lucia sembra rasserenato. Quando ... la catastrofe. Chiede un
certificato Lucia lo presenta e l'impiegato fa segno di diniego. Non è
questo che si chiede, ma il certificato che la casa dove alloggi è
idoneo ad ospitare anche te. Il certificato di abitabilità? , chiedo. No fa lui. Un certificato rilasciato dal Comune che dice che l'appartamento può ospitare immigrati. Ma chiedo , mi faccia capire Chiedete un certificato che vale solo per in caso in cui si ospitano immigrati? SI fa lui. Se
si ospitano lavoratori o studenti in quattro o cinque in una stanza va
tutto bene se gli ospiti sono immigrati questo non va piu' bene? Si per evitare situazioni di sfruttamento e di degrado.
Ma che animo gentile, questi due qua Bossi e Fini , intendo. Pensavano ,
quando hanno fatto questa legge al bene degli immigrati. Li proteggono e
li difendono dagli abusi. Se però ad essere sfruttati ed abusati sono
studenti, lavoratori di area comunitaria si può fare!
Il sospetto che si rende la vita difficile alla povera gente e forte .
Abbiamo consegnato una montagna di documentazione cartacea che gli
alberi della foresta amazzonica non bastava ( quanto il tutto potevano
benissimo visionarla direttamente via Internet, grazie alle loro
password del ministero degli interni e della Polizia) . Ma no! Attese,
file kilometriche, disagi per datori di lavoro e lavoratori , mica per
qualcosa? Solo per rompere il c.......
Ma allora la tentazione di farli lavorare in nero e di essere
clandestini è molto forte! O non è questo che in fondo vuole questo
nostro Stato democratico?