Fra pochi giorni si andrà a votare per le elezioni europee.
La mia impressione è che mandare dei rappresentanti al parlamento europeo non
interessa nessuno dei potenziali votanti.
E agli stessi partiti ( ma non si chiamano più partiti, ma movimenti o
comitati elettorali intorno ad un nome leader) non ne può fregar de meno se non
come test per verificare le proprie influenze sui cittadini all’interno del paese.
E questo, a mio parere per due ordini di motivi.
Il parlamento europeo conta meno del due di picche, nelle
decisioni importanti e non tanto perché esautorato dai poteri più o meno occulti
e finanziari, la famosa Troika, ma istituzionalmente in secondo piano rispetto al potere della Commissione europea. Formato
dai governanti dei paesi membri, propone i nuovi atti legislativi, che il
Parlamento europeo e il Consiglio devono adottare. La Commissione e i paesi
membri applicano poi le norme e la Commissione si assicura che vengano
applicate e fatte rispettare correttamente. Come si vede un potere tutto sbilanciato
a favore dei governi . Una rappresentanza indiretta a doppia mandata. Questo fa
rispecchiare una disaffezione e una allontanamento delle istituzioni rispetto
ai cittadini dei paesi membri. ( il Presidente della Commissione che veniva
nominato dai governi membri a rotazione ogni sei mesi fra tutti. Dal 1º
dicembre 2009 con il Trattato di Lisbona
la Presidenza rimane in carica per due anni e mezzo , togliendo anche quella
poca parvenza di democraticità attraverso la rotazione semestrale
Un altro motivo è dovuto , negli ultimi decenni, dalla
politica imposta e attuata dall’Europa sempre meno Parlamento e sempre più
Troika, ( BCE,FMI e Commissione ). Politica improntata sull’austerity espansiva,
sul pareggio di bilancio che produce ancor più disparità fra paesi ricchi e
paesi poveri , produce precarietà espansiva e depauperamento dei ceti meno
abbienti. Insomma i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri sia a
livello dei paese sia all’interno degli stessi paesi fra la popolazione. Questo
viene vissuto e visto dalla popolazione dei paesi come causa del concetto
stesso di Europa e non tanto di politica imposta e praticata all’interno dei
paesi membri e quindi ancor più disaffezione se non addirittura rifiuto del
concetto stesso di Europa verso un esasperato nazionalismo.
Insomma , io credo che stante così la situazione, la
partecipazione al voto sarà sempre meno e la campagna elettorale affronterà
sempre più temi specificatamente nazionali e sempre meno di carattere europeo.
E questo farà passare in secondo piano una questione già
volutamente nascosta e di cui i mass media figuriamoci i politici dominanti
nascondono volutamente.
Se si dovesse chiedere cos’è il TTPI , non solo fra la
popolazione, ma fra gli stessi politici nazionali, ben pochi saprebbero rispondere.
( e naturalmente non parlo di politici italioti, come ad esempio la Zanicchi,
Borghezio, Salvini, Salatto, tanto per fare qualche nome a mo’ di esempio)
Il TTPI è un bel piatto freddo che ci stanno rifilando , all’insaputa
di tutti e che alla fine risulterà, come per l’Euro, piovuto dal cielo, dalla
naturalità delle cose , inevitabile come la fame e la pestilenza. Sinteticamente
è definito come: progetto di partenariato transatlantico per il commercio e gli
investimenti (TTPI ) tra l’Unione europea e gli Stati uniti.
A cosa serve?
Esso mira a creare la più grande zona di libero scambio del
pianeta, con circa 800 milioni di consumatori, che rappresenterà quasi la metà
del prodotto mondiale lordo (PIL) e un terzo del commercio globale.
Per gli Stati Uniti la questione TTPI è particolarmente
importante. A livello planetario sono in competizione con la Cina soprattutto
per contendersi il dominio commerciale, oltre che politico e in quest’ottica portare
nel loro giro d’affari tre aree principali che hanno a lungo dominato – Europa,
America Latina, Asia-Pacifico – ma in cui Pechino si è solidamente insediata
anche minacciando, qua e là, di espellerne gli Usa, è di particolare , quasi
vitale importanza. In questa direzione va la firma del TTPI
Utilizzando il TTPI, gli Stati Uniti e l’Unione europea
vogliono eliminare le barriere doganali
ancora esistenti, nonché le “barriere non tariffarie” e aprire i loro mercati
rispettivi agli investimenti, ai servizi e ai contratti pubblici. Vogliono
soprattutto per omogeneizzare gli standard e le norme per commercializzare
senza vincoli prodotti e servizi. Secondo i sostenitori di questo progetto di
libero scambio, uno degli obiettivi della TTPI sarebbe “avvicinarsi il più possibile ad una totale eliminazione di tutte le
tasse sul commercio transatlantico che riguardino prodotti industriali e
agricoli”.
Detta cosi sembrerebbe una cosa buona e giusta e in quest’ottica che , per la verità molto
raramente e solo per pochi intimi, viene venduto questo trattato.
In realtà molti critici (alcuni partiti politici Jean-Luc
Mélenchon, del Parti de gauche francese, diverse ONG e da organizzazioni
ambientaliste o di difesa dei consumatori, alcuni sindacati europei.) ne
intravedono la anti democraticità , intanto , del percorso che dopo le lezioni europee,
porterà alla firma. Viene denunciato, soprattutto
che documenti interni alla Commissione europea indicano che essa si è riunita
nei momenti più importanti della negoziazione esclusivamente con i dirigenti
delle imprese e le loro lobby. Non c’è una sola riunione con le organizzazioni
ambientaliste, i sindacati, le organizzazioni di difesa dei consumatori
Ma la cosa che i critici al trattato denunciano è la
possibilità quasi inevitabile , anzi la certezza, dovuta alla sudditanza dei
politici europei rispetto alla strapotere degli Usa, che alcuni punti di vista americani vengano imposti all’Europa all’insegna del
libero mercato. Vedi per esempio
nel campo alimentare all’impostazione americana rispetto a organismi
più geneticamente modificati (OGM) e anche al problema dei polli disinfettati con
cloro, consentito negli USA , ma vietato in Europa. In materia di creazione
culturale, di istruzione e di ricerca scientifica, in quanto si potrebbe
applicare il TTPI anche ai diritti di proprietà intellettuale. l TTPI
incoraggerà la “flessibilità sociale“, spingerà verso la riduzione dei salari e
la distruzione dello stato sociale. Temono una riduzione del numero di posti di
lavoro in diversi settori industriali (elettronica, comunicazioni, trasporto,
metallurgia, industria della carta, servizi alle imprese) e agricoli
(allevamento, agro-carburanti, zucchero).
Il TTPI, rimuovendo
il principio di precauzione, potrebbe facilitare l’eliminazione di regolamenti
ambientali o per la sicurezza alimentare e sanitaria. Altri stimano che il
partenariato promuoverà l’introduzione in Europa del fracking e l’uso di
sostanze chimiche pericolose per le acque sotterranee, nello sfruttamento di
gas e petrolio di scisto.
Tuttavia, uno dei principali pericoli del TTPI è che include
un importante capitolo sulla “protezione
degli investimenti”. Ciò potrebbe consentire alle imprese private di
denunciare gli stati, colpevoli ai loro occhi di voler difendere l’interesse pubblico,
e di trascinarli davanti ai Tribunali internazionali di arbitrato (al soldo
delle multinazionali). Ciò che è in gioco qui è semplicemente la sovranità
degli stati e il loro diritto di condurre politiche pubbliche in favore dei
propri cittadini.
Naturalmente sono visioni
catastrofistiche ( come potrebbe essere bollate queste preoccupazioni), ma
che in assenza di un dibattito pubblico, in assenza di un reale processo
democratico di maturazione di queste problematiche, timori , senza insomma un
processo di partecipazione delle popolazioni europee, queste preoccupazioni
potrebbero , un domani , diventare certezze.
In fondo, mi vengono in mente, tutte le preoccupazioni che
tormentavano molte menti critiche alla vigilia del trattato di Maastrich che
ufficialmente dette vita alla UE e di conseguenza all’Euro. Dal main stream
politico e mediatico vennero trattati, quelle menti, come visionari, comunisti,
( anche per economisti e politici non propriamente comunisti, ma di estrazione
liberal e di scuola neoclassica ricardiana in campo economico) catastrofisti .
A distanza di qualche decennio quei timori, quelle preoccupazioni, quel processo
cosi poco democratico (anche secondo i dettami e le regole di una democrazia
borghese) son diventate realtà ed ora tutti, anche quelli a suo tempo
partigiani senza se e senza ma, si pongono le domande e i dubbi, forse colpiti
e folgorati sulla via di Damasco.
Ma quel trattato fu
vera gloria?
E i trattati a
seguire si potevano fare diversamente?
E se aprissimo un dibattito e se i talk show italiani invece
di parlare delle solite minchiate parlassero ed entrassero nel merito, non per
solo gossip, di questo trattato che ci faranno digerire come voluto dalla santa
provvidenza? Cosa ci sarebbe di tanto sconvolgente, di tanto paradossale?