Il mantra che tutti i mass media ci propinano fino alla noia
e che le ragazze renziane pon pon ci propongono in tutte le salse è sempre la
stessa. O si fanno le riforme o si muore e chi non è con noi peste lo colga!
Naturalmente questo sillogismo non è argomentato , ma solo affermato come
verità. Non sanno, non possono, non ci riescono? Una o tutte insieme. Sta di
fatto che , secondo me, due sono le direttrici su cui si muove l’architettura
riformista di Renzi ( riformista è anche chi propone cambiamenti in senso
reazionario, smentendo una vecchia tesi intesa a definire riforme uguale progresso)
Uno è sul piano istituzionale che discende dall’altro che è
di tipo strutturale economico sociale.
Quello istituzionale discende dalla consapevolezza che
istituzioni partecipative e democratiche , che passano attraverso il consenso
ampio e partecipato del “popolo” non sono compatibili con la prioritaria
“riforma” economica e politica chiesta dall’Europa( leggi Troika e organismi
economici e finanzi europei e internazionali) . Ecco il perché la necessità,
l’esigenza di trasformare l’impalcatura costituzionale di natura democratica
partecipativa e rappresentativa ( i deputati rappresentano la volontà degli
elettori ed esprimono la loro volontà), in un'altra di tipo oligarchico e
delegante ( i votanti delegano i deputati a governare in nome e per loro
conto). Quindi sempre meno rappresentanti, e sempre più scelti fra una
ristretta cerchia determinata non dalla loro rappresentatività o consenso popolare,
ma dalla loro affidabilità e fedeltà al loro leader o partito di appartenenza o
gruppo di potere. Questo consentirebbe alle “istituzioni” di essere più veloci e
immediate nelle risposte ( ciò significherebbe che l’attuale impalcatura sia
lenta che è contraddetta dall’esempio che è bastata una settimana per approvare
la controriforma del sistema pensionistico) Il sistema è frammentato , il
consenso disgregato e fluido, il ceto politico discreditato e quindi occorrono
truppe fedeli a prova di fede. E questo il vero obbiettivo più o meno
dichiarato più o meno percepito.
Le riforme di tipo economico strutturale sono chieste
dalla Troika in quanto necessarie per la
crescita e lo sviluppo. Le riforme strutturali da sempre sono in primo
luogo delle riforme "distributive", vanno cioè a modificare in modo
strutturale la distribuzione delle risorse all'interno della società. L’esempio
è data sempre dalla riforma pensionistica e del mercato del lavoro che si apprestano
ad approvare. Queste vanno a modificare il rapporto di distribuzione della
ricchezza prodotta fra lavoro e capitale, fra lavoratori e datori di lavoro. Basta
leggere le statistiche che abbondano nelle quali si evince di come la ricchezza
dagli anni ’70 ad oggi si è andata progressivamente e massicciamente spostandosi
dal reddito da lavoro a ricchezza finanziaria, profitti e rendite. Questo dato
è sopportata da tesi economiche teoriche secondo le quali la ricchezza cosi
accumulata a favore del capitale verrebbe reinvestito nella produzione e quindi
nella crescita e occupazione. Se ciò non è avvenuto in questi anni, e anche qua
i dati empirici stanno li a dimostrarlo, e perché si è fatto troppo poco, si è
fatto ancora non a sufficienza ecc ecc. Come
si vede le ragazze pon pon che vanno divulgando il renziano pensiero mascherandolo
di tecnicismo parlano in realtà solo di politica e di politica distributiva in
questo caso.
Ma le stesse tesi che spingerebbe i paesi PIGS a fare le
riforme entra in contraddizione quando si confrontano con la realtà e si arriva
a dei risultati sorprendenti, di cui , naturalmente nessuno ne parla. L’OCSE
stabilisce alcuni parametri , per indicare le “capacità riformatrice” dei
paesi. Gli indici più noti sono l'EPL
(Employment Protection Legislation) e il PMR
(Product Market Regulation), valori bassi
di questi indici sarebbero virtuosi. Ora detti parametri sono naturalmente
aleatori e del tutto arbitrari e misurano minore regolamentazione, minori
protezioni per i lavoratori, maggior flessibilità e maggiore apertura dei
mercati. Tutto questo farebbero del paese un paese virtuoso. Bene. Paesi con
l'EPL più elevato in Europa sono la Germania e l'Olanda, mentre l'Irlanda, la
Spagna e anche l'Italia hanno indici decisamente più bassi. Similmente per
quanto riguarda l'apertura dei mercati, l'Italia si piazza meglio ad esempio
del Lussemburgo e del Belgio. Non parliamo del costo del lavoro, delle ore
lavorate e via di questo passo. Allora? Come direbbe qualcuno l’Italia il suo
compitino l’ha svolto e alla grande. E’ stato uno scolaro diligente e come mai
, quindi, i dati statistici indicano la
ripresa sempre più lontana Sie si riuscisse a fare due piu due risulterebbe che
l’Italia non ha assolutamente bisogno ne di riforme strutturali ( nel senso
indicato dal renzismo) ne di quelle dettate dai parametri dell’OCSE. Ma al
contrario! Avremmo necessità di un cambio di passo a 180 gradi. Ribaltare il
mantra fin qui perseguito e non di meno democrazia , ma di piu
rappresentatività, di più controllo dal basso, di più investimenti di più Stato
e di meno mercato. Non di crescita
qualunque essa sia purché vi sia, ma di una crescita ecocompatibile e dettata
dai bisogni e dalle necessità della popolazione mediamente intesa.
Ma da queste orecchie è difficile che ci si ascolti!