Il dibattito(?) sull'immigrazione di profughi vede
contrapporre due aspetti apparenti della questione. Da un lato la parte
politica più estremista e demagogica vede le conseguenze in “casa nostra”
dovuto soprattutto ad una pratica politica negli anni anche dagli stessi
praticata nel passato che ha voluto trarre profitto economicamente da quella
massa di nuova povertà per trarne vantaggio , usarla come arma di ricatto per
abbassare salari e diritti dei lavoratori autoctoni . Il divide ed impera sempre valido come strumento di lotta di
classe. Ora che questa situazione non è più sostenibile, perché cambiate le
condizioni economiche e questa massa di profughi rappresenta un problema che
quella politica non è più in grado di gestire e governare. E quindi la
soluzione più ovvia e quella di rigetto. “Aiutiamoli a casa loro” è lo slogan ,
ma senza dire come.
L’altro aspetto, la più buonista , quella che sfrutta , ma mi dispiace afferma , invece, che si sono un problema ingestibile,
chiedono aiuto all’Europa , accolgono per non farli morire , ma poi li
sfruttano rinchiudendoli in gabbie e prigioni non sapendo cosa farne. Un
bubbone che hanno creato, che aiutano a svilupparsi nel frattempo cercano di
sfruttare economicamente la situazione, non sapendo cosa farne . O tagliare
alla radice con intervento chirurgico il bubbone, o chiedere aiuto a chi aiuto
non può darne se non nell’eliminazione del risultato di ciò che loro stessi
hanno creato.
A sostegno e per richiamare antiche ferite e sofferenze
evocano nostre antiche migrazioni , migranti i nostri padri, fratelli, zii,
nonni, che fuggivano dalla fame e dalla miseria, dalla povertà. Ma la
similitudine non va oltre l’aspetto del viaggio , del migrare, e della povertà.
La radice del migrare è diversa. Aspetti che si uniscono questi con quelli, ma
che non va oltre.
Nessuno che cerca di andare alla radice e vedere come è nato
il problema, chi sono i moderni profughi .
Ecco allora alcuni dati
In Libano ci sono
1,6 milioni di profughi siriani (oltre a 500mila palestinesi, lì da decenni): il
36 per cento (il 48, con i palestinesi) della popolazione;
in Giordania ce
ne sono 600mila (su 6 milioni di abitanti, oltre a 1,7 milioni di palestinesi).
In Turchia
650mila; in Iraq 250mila; in Iran 2 milioni (più tutti gli afgani).
All’interno della Siria
gli sfollati sono 6,5 milioni.
In Egitto i
profughi di diversa provenienza sono oltre 500mila;
in Libia non si
sa: forse circa un milione. I
In Nigeria Boko
Haram, ma anche Eni e Shell, hanno creato 3,2 milioni di profughi: metà è già
in Ciad, Camerun e Niger; metà sta
cercando di fuggire.
Sono paesi in cui c’è la guerra tra “ribelli” e forze
governative. Spesso “forze della libertà”
sovvenzionati dall’occidente o sobillati da società multinazionali
occidentali in cambio di acquisizioni delle ricchezze naturali una volta preso
il potere Se si conoscessero e si avessero sempre a mente questi dati si
capirebbe come sia riduttivo pensare a questi uomini , donne e bambini solo
come ad un problema, o solo come una questione “di umanità” o di “invasione
barbarica!
Sono state le potenze occidentali, società multinazionali che hanno creato il problema saccheggiando le risorse naturali nei loro paesi, saccheggiando i loro territori, comprando a fini speculativi i loro terreni e sottraendoli all’agricoltura, destituendo i governi piu o meno leggittimi per insediare o sperare di insediare governi piu a loro compiacenti. E quindi ora è semplice far rimbalzare il problema fra le vittime senza mettere in conto le condizioni per cui si è creato il problema. Messo cosi, non vi è soluzione al problema. Se non risalendo all’essenza, alla radice. O almeno ponendolo nella giusta ottica
Sono state le potenze occidentali, società multinazionali che hanno creato il problema saccheggiando le risorse naturali nei loro paesi, saccheggiando i loro territori, comprando a fini speculativi i loro terreni e sottraendoli all’agricoltura, destituendo i governi piu o meno leggittimi per insediare o sperare di insediare governi piu a loro compiacenti. E quindi ora è semplice far rimbalzare il problema fra le vittime senza mettere in conto le condizioni per cui si è creato il problema. Messo cosi, non vi è soluzione al problema. Se non risalendo all’essenza, alla radice. O almeno ponendolo nella giusta ottica