PROCESSO THYSSENKRUPP: OTTAVA UDIENZA

Di seguito inoltriamo resoconto dell'ottava udienza del processo Thyssen, quella dove sono stati rinviati a giudizio i 6 dirigenti, fra cui l'amministratore delegato per omicidio volontario, stesa da un compagno della Rete Nazionale per la Sicurezza nei luoghi di lavoro presente lunedì scorso.


 
Finalmente ci siamo: giovedì 15 gennaio 2009 si aprirà, in
Corte di assise davanti ad una giuria composta da due
giudici togati e sei popolari, il processo ai dirigenti
torinesi della Thyssenkrupp per l'eccidio del 6 dicembre 2007.
Le accuse di cui dovranno rispondere i sei imputati sono:
per l'amministratore delegato Harald Hesphenhahn "omicidio
volontario con dolo eventuale", mentre per gli altri
cinque - Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Giuseppe Salerno,
Daniele Moroni e Cosimo Cafueri - "omicidio colposo e
omissione delle misure di sicurezza".
Questo è il contenuto della prima sentenza dei giudici che
viene emessa nel tardo pomeriggio di lunedì 17 novembre, al
termine di una lunga giornata a Palazzo di Giustizia.
Come sempre, dalle ore 8:30, davanti al Tribunale si forma
il presidio dell'associazione Legami d'acciaio e delle
delegazioni piemontese e lombarda della Rete nazionale per
la sicurezza sui luoghi di lavoro, affiancati anche da
alcuni membri del partito dei Carc, del Circolo
Internazionalista e alcuni operai di altre fabbriche torinesi.
Intorno alle ore 9:15 una lietissima sorpresa: fa la sua
comparsa, ed è la prima volta che accade in questa vicenda,
una delegazione di studenti delle facoltà occupate - sia di
Palazzo Nuovo sia del Politecnico - con lo
striscione "studenti e operai uniti nella lotta".
Nel corso della mattinata si instaura con loro un lungo e
proficuo dialogo e scambio di informazioni e materiale che
culmina con la rassicurazione circa la loro partecipazione
alla manifestazione per la sicurezza prevista per sabato 6 dicembre.
Quella di lunedì 17 novembre 2008 è indubbiamente una
sentenza storica: per la prima volta i padroni dovranno
affrontare un processo per omicidio volontario di alcuni
dipendenti; quale sia il grado di timore che questo
avvenimento incute loro - si tratta senza dubbio di un bel
precedente - lo si può evincere dalle dichiarazioni
rilasciate dall'esponente di Confindustria Samy Gattegno e
dall'allievo di Marco Biagi - che ricordiamo essere stato
l'infame autore del libro bianco, ed ispiratore della legge
30 sul mercato del lavoro, che aprì le porte al precariato
a vita - Michele Tiraboschi, rispettivamente a "la Repubblica"

ed al "Corriere della Sera" del giorno successivo.
Il primo sbraita: <una decisione eccessiva, muore più gente
sulle strade>, dimenticando colpevolmente che sulle strade
non c'è nessuno che manda coscientemente a morire qualche
suo dipendente, mentre il secondo - pieno di rancore verso
un giudice che ha semplicemente fatto il suo dovere -
sbotta in una dichiarazione dal significato
inequivocabilmente classista, da vero e proprio servo dei
padroni qual è: <assurdo, non si trasformano i manager in criminali>.

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