TREMONTI BOND, OPERAZIONE NEBBIA

di Andrea Maltoni
e Marco Palmieri
06.11.2009

Due banche hanno fatto ricorso finora ai Tremonti bond. In entrambi i
casi non sono chiari i termini dei finanziamenti concessi né come si
possa garantire uno degli obiettivi per cui sono stati istituiti: il
sostegno al credito per famiglie e piccole imprese. La legge che ha
introdotto questi strumenti finanziari e i successivi decreti
ministeriali si limitano infatti a enunciazioni di principio, ma non
indicano specifici impegni delle banche emittenti. Lasciando
sostanzialmente ai singoli istituti di credito la definizione concreta
delle misure da praticare.

A circa otto mesi dall'istituzione, il Banco Popolare Italiano (Bpi) ha
proceduto alla prima emissione dei cosiddetti *Tremonti bond*, seguita
da quella condotta dalla Banca Popolare di Milano (Bpm). Anche altri
istituti si sono dichiarati interessati a fare ricorso ai nuovi
strumenti per incrementare il proprio patrimonio di vigilanza.
I termini dei finanziamenti concessi rimangono però ancora non ben
determinati e, soprattutto, non è chiaro come, accanto al rafforzamento
patrimoniale delle banche, lo Stato possa garantire l'efficace
perseguimento dell'ulteriore interesse pubblico, più volte dichiarato,
di vedere agevolata la concessione del *credito alle imprese e alle
famiglie*.
Manca infatti un meccanismo contrattuale o legale che vincoli gli
istituti creditizi sovvenzionati, né sembra che gli osservatori
istituiti presso le prefetture possano costituire una soluzione.


INSPIEGABILI SILENZI

Le due operazioni avviate non sono descritte in un *prospetto
ufficiale*, ma solo in alcuni comunicati stampa, nei quali però non sono
indicati i termini precisi dei prestiti erogati dallo Stato a favore
delle singole banche.
Dalla nota congiunta del ministero dell'Economia e delle Finanze e di
Bpi del 19 giugno e da quella rilasciata da Bpm il 21 settembre, le
uniche informazioni che si rinvengono sono l'ammontare dell'emissione -
1,45 miliardi di euro per Bpi, 500 milioni per Bpm - e l'adozione di un
protocollo di intenti. *(1)*
Con il protocollo le debitrici si impegnano:
- ad adottare un codice etico;
- a incrementare nel prossimo triennio i crediti concessi alle Pmi
rispetto al biennio 2007-2008, con un aumento dell'ordine del 6 per
cento medio annuo per Bpi e del 7 per cento per Bpm;
- a favorire i crediti assistiti dal Fondo centrale di garanzia per le
Pmi e a finanziare lo stesso: Bpi con uno stanziamento di 21,75 milioni
di euro, Bpm con 7,5 milioni;
- a sospendere le rate dei mutui "prima casa" individuati dall'accordo
Abi-Mef per il periodo di un anno nel caso di Bpi, di diciotto mesi in
quello di Bpm.

Nessun altro dato è stato comunicato da Bpi, mentre Bpm si è limitata a
rendere nota la propria intenzione di proseguire negli impegni
autonomamente assunti a favore delle famiglie e delle Pmi.
Rimangono quindi sconosciuti alcuni dati fondamentali come la *scadenza*
dei prestiti (ovvero se sia prevista ed eventualmente entro quale data),
il *tasso di interesse* adottato fra le soluzioni contenute nel modello
di prospetto rilasciato dal ministero dell'Economia e delle Finanze.
Inoltre, vengono taciuti i criteri per la *convertibilità* dei bond in
azioni ordinarie, prevista espressamente per la sola emissione di Bpi:
non è dato sapere, in particolare, quale sarà l'effettivo tasso di
conversione.
Sono tutti elementi che non possono essere taciuti, se non scontando il
problema di un'incertezza fra gli investitori che potrebbe finire per
ritorcersi contro le banche stesse, rischiando di contribuire a una loro
*sotto-capitalizzazione*.
Inoltre, e più in generale, esiste un dovere "morale" di informazione
per l'utilizzo di *denaro pubblico* nella realizzazione delle operazioni
e l'esigenza di sottoporre al giudizio dei cittadini il comportamento
delle banche in assenza di strumenti legali o contrattuali che vincolino
gli istituti sovvenzionati a tenere tali condotte.

UNO STRUMENTO "SPUNTATO"

Alla luce dell'articolo 12 del cosiddetto decreto anticrisi, la
sottoscrizione dei Tremonti bond mira al perseguimento di due finalità:
garantire un adeguato *flusso di finanziamenti* all'economia e un
corretto livello di *patrimonializzazione* del sistema bancario.
A ben vedere, gli interessi collettivi perseguiti -- posti a fondamento
dell'autorizzazione del Mef alla sottoscrizione degli strumenti
finanziari, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato -- sono
da individuarsi più precisamente nell'esigenza di far conseguire a
imprese e famiglie determinati benefici.
Occorre quindi valutare quali siano gli strumenti e le modalità previsti
per assicurare un simile risultato.
A norma del comma 5 dell'articolo 12, l'impegno del Mef è condizionato a
una valutazione dell'economicità dell'operazione nel suo complesso, alla
sottoscrizione di un protocollo di intenti da parte dell'istituto di
credito, nonché all'adozione di un *codice etico*, con il quale debbono
individuarsi, tra l'altro, soglie massime alla remunerazione dei vertici
aziendali.
Su protocollo, tuttavia, la legge si limita a statuire che l'emittente
dovrà assumere una serie di impegni attinenti, segnatamente, "/al
livello e alle condizioni del credito da assicurare alle piccole e medie
imprese e alle famiglie, alle modalità con le quali garantire adeguati
livelli di liquidità ai creditori delle pubbliche amministrazioni per la
fornitura di beni e servizi, anche attraverso lo sconto di crediti
certi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e a
politiche dei dividendi coerenti con l'esigenza di mantenere adeguati
livelli di patrimonializzazione"/.
Con il decreto ministeriale del 25 febbraio 2009 si è, peraltro,
stabilito che il protocollo di intenti sia definito sulla base
dell'*accordo quadro* tra il Mef e l'Abi, che contiene le linee guida
per la stesura dei singoli protocolli e del codice etico. Significativa
è l'affermazione di principio lì contenuta, secondo cui l'emittente deve
impegnarsi a utilizzare le somme ottenute al fine di finanziare le Pmi e
le famiglie "/a condizioni che tengano conto delle difficoltà che esse
incontrano in questa fase congiunturale"/.
Anche qui non si va oltre le affermazioni di principio: non vengono
individuati *specifici impegni* delle banche emittenti, ma ci si limita
a dare una serie di indicazioni molto generiche, lasciando
sostanzialmente ai singoli istituti di credito la definizione concreta
delle misure da praticare a famiglie e imprese.
Dal complesso di norme e "raccomandazioni", si giunge alla conclusione
che la sottoscrizione da parte del Mef dei Tremonti bond è uno strumento
"spuntato".
Né nella legge, né tanto meno nei successivi atti ministeriali e
negoziali sono individuati, per un verso, precisi obblighi degli
emittenti nei confronti di famiglie e imprese, e, per l'altro, le
*sanzioni* per i casi di mancata osservanza degli impegni individuati
nei singoli protocolli di intenti.
In altri termini, non paiono essere state individuate misure tali da
garantire l'effettivo conseguimento delle finalità perseguite con la
sottoscrizione di quegli strumenti finanziari. Non soltanto, infatti,
non si sono previsti controlli pubblici sull'osservanza del contenuto
dei protocolli di intenti sottoscritti dagli emittenti -- presso le
prefetture viene istituito soltanto un osservatorio sulla concessione
del credito -- ma non sono state neppure individuate delle clausole da
recepire negli atti negoziali al fine di assicurare che l'emissione dei
bond sia effettivamente indirizzata a beneficio di coloro che, nelle
intenzioni del legislatore, dovrebbero essere i destinatari ultimi
dell'intervento governativo.
Non sorprende, dunque, il contenuto dei comunicati stampa: in sede di
sottoscrizione del protocollo di intenti da parte delle banche non sono
stati assunti impegni più precisi. Il documento sembra quindi confermare
l'estrema genericità degli obblighi e non è dato sapere in che modo il
Mef potrà garantire in concreto che gli istituti creditizi finanziati
agiscano effettivamente a beneficio delle famiglie e delle imprese. Si
può discutere se tale scelta sia giustificabile o meno con l'esigenza di
vedere tutelata l'autonomia gestionale dell'istituto: tuttavia non si
può non rilevare, dall'esame dell'insieme dei documenti disponibili, una
forte ambiguità fra i fini pubblici dichiarati e la quasi totale assenza
di strumenti per conseguirli.

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L'egotico impenitente

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