Ilva, arriva il «giorno zero» ma la fabbrica non si spegne


Il giorno zero è passato così. Lo spegnimento dell’Ilva come paura del finimondo in fabbrica. Paura dei capi e degli operai. Paura della città. «Paura di cambiare» ha spiegato una giovane alunna del liceo Archita. Parlava all’assemblea d’istituto organizzata insieme al comitato «Liberi e pensanti»."

«Io vivo ai Tamburi e mio padre era operaio. Tornava a casa nero come il carbone. Perché? Perché lavoro e salute non possono stare insieme?». Riassunto della giornata sulla sponda del coraggio la cui molla è proprio «la paura di cambiare». Il racconto operaio squadernato da Massimo Battista: «Siamo operai, non burattini. Chiediamo alla città di considerarci non più nemici, ma risorsa». E dai ragazzi attenzione: «Sono dei Tamburi - racconta una giovane ginnasiale - non posso aprire la finestra e continuare a vedere per tutta la vita quelle ciminiere e quel minerale sui balconi, e i malati e
i morti».

«Ci hanno portato allo scontro nelle famiglie. A tavola, litigano i fratelli e sono operai dell’Ilva. Divisi sul futuro della fabbrica. E mentre litigano mangiano veleno. A questo ci hanno ridotto. Ma a Riva e allo Stato, veri responsabili, diciamo: Taranto si unisce per dire no alla fabbrica che ci avvelena e nella quale non voglio lavorare se non si rispetta la legge» spiega nel pomeriggio a piazza Sicilia Aldo Ranieri, portavoce dei «Liberi e pensanti», presentando la manifestazione in programma domani ai Tamburi, la marcia dalle 9 alle 13. «I Tamburi non sono il set di un film, ma un quartiere dove nasce un’azione popolare» spiega Angelo Cannata, anche lui del comitato . I Tamburi, quartiere-fabbrica degli studenti e degli operai. Anima del cambiamento da difendere, nel giorno zero al tramonto.

Da Comitato cittadini liberi e pensanti