Il katechon, il katechon!


Augusto Illuminati

Che tanti intellettuali si siano scoperti grillini ex post non stupisce. Saltare sul carro del vincitore è normale – pensiamo con raccapriccio agli altri intellettuali che salteranno sul carro del perdente, proclamando il voto utile per il Pd-Sel per scongiurare l’apocalisse prossima ventura in un probabile secondo turno elettorale. Il disgusto per i balletti parlamentari che hanno coperto la tragedia sociale del governo Monti a sostegno bi-partisan copre tutto e gli “onorevoli”, che hanno votato senza batter ciglio il pareggio di bilancio in Costituzione e la riforma Fornero esodati inclusi, non sono meno ridicoli e sciagurati di quanti hanno votato che Ruby era nipote di Mubarak.
Ma qualche riflessione spassionata su Grillo bisognerà pur farla, visto che io finora sono stato vergin di servo encomio e di codardo oltraggio. Prendiamo la sua intervista al settimanale Time: «I channel all this rage into this movement of people, who then go and govern. They should be thanking us one by one. If we fail, [Italy] is headed for violence in the streets». Ovvero: «Io ho incanalato tutta questa rabbia in questo movimento di popolo, che poi va e governa. Ci dovrebbero ringraziare uno per uno. Se noi falliamo, (l’Italia) è destinata alla violenza nelle strade».

Si evoca lo spettro della violenza, ma quanto viene esorcizzato è, in realtà, il conflitto, incanalato nell’ordine della rappresentanza mediante consultazione elettronica unidirezionale, saltando ogni orizzontalità intermedia e ogni vissuto di esperienza (di gruppo, di presenza viva, di assunzione solidale di rischio in uno sciopero, in un corteo, in un’occupazione). Uno vale uno, ma nella pace di un rapporto isolato con il proprio computer o smartphone (su server proprietà di Casaleggio), non nella discussione o nella lotta in cui i corpi e le idee si confrontano.

Certo, in tal modo la violenza nelle strade è esclusa, la proprietà immobiliare non si tocca, l’ingiustizia ingrassa in attesa di una regolamentazione parlamentare. Beninteso, protesta e indignazione non scompaiono, anzi sono il presupposto materiale per captarle e indirizzarle ironicamente verso una rappresentanza rinnovata e resa più credibile. Vi sto evitando un’Alba Dorata – si premura di annunciare Grillo. Ed è vero, perché fermenti di tal tipo sono presenti nella disgregazione della crisi e in masse allo sbando. Ma dovrebbe aggiungere: vi sto evitando gli indignados e Occupy, perché quella spinta (che in Italia sarebbe prevalente) viene riassorbita dall’illusione elettronico-plebiscitaria, gestita in cerchie ristrette con metodologie da web 1.0.

Grillo non è riducibile a sintomo della crisi e neppure va diffamato come un comico capopopolo. Sicuro, è un pagliaccio, ma non più del satiro di Arcore o del clown-triste Bersani. E ricordiamoci il salvifico Monti con in braccio il cucciolo Empy. Anzi, Grillo nel suo ruolo possiede un’innegabile professionalità e infatti il collega Crozza ha qualche difficoltà a mimarlo. Grillo incarna oggi piuttosto il katechon, la forza che trattiene. Trattiene cosa? Trattiene il conflitto, nella sua radicalità, violenza, immediatezza singolare e anonima. Lo trattiene in anticipo, perché sarebbe ingiusto dire che Grillo soffochi qualcosa che sia in atto in modo generalizzato e forse non lo fa neppure in modo cosciente, tanto meno agli ordini di qualcuno.

Grillo e Casaleggio sono una versione comica, neppure nichilistica, del katechon, la parodia alla Ciccio e Ingrassia di un tempo rispetto ai film su Scientology o sull’Anticristo. L’elemento tragico – quello del Grande Inquisitore dostoevskiano alla Schmitt o Cacciari – è svaporato, rendendo ancor più incomprensibile il panico in cui è precipitato un sistema politico italiano evidentemente marcio sino al midollo. Come, si presenta il katechon dicendo: sono Torquemada, ho 35 anni, faccio il dentista, ecc. e Bersani smette di smacchiare il giaguaro e Berlusconi contrae l’uveite bilaterale?

Loro se lo meritano, il panico e il katechon e gli appelli di Cacciari a Napolitano – salvaci tu – ma resta un problema: perché i movimenti si sono lasciati scippare iniziativa, parole d’ordine (in primo luogo il reddito di cittadinanza), capacità di mobilitarsi e occupare la piazza? Forse se lo sono meritato, ma –a differenza dai partiti e dal ceto politico – sono ancora in grado di riprendersi trasformando l’insoddisfazione e la speranza, che hanno spinto tanta gente a votare per il meno peggio, in qualcosa di concreto: in conflitto reale e non arginabile, non “catecontizzabile”. Questa è la scommessa e non i volenterosi appelli alla Se non ora quando per creare un’alleanza fra sinistra bollita e populismo grillino su parole d’ordine buone soltanto a gettar fumo negli occhi, dato che si tratta (in buona fede) di promesse che il Pd non accetterebbe mai di mantenere e cui il M5S non è così sciocco da prestar fede.