report assemblea napoli per iniziativa naz 22 marzo

 
da basta morte sul lavoro
 
Un'assemblea molto partecipata, nell'aula 2.1 dell'Università Orientale, 
Palazzo Giusso, a Napoli, presenti quasi 100 studenti, studentesse, compagni 
di collettivi di realtà territoriali, universitarie, ha accolto con 
interesse e solidarietà la delegazione di operai Ilva, precari, disoccupati, 
cittadini di Taranto per discutere sulla questione Ilva "tra lavoro e salute 
non vogliamo scegliere".
Due ore molto intense di discussione, approfondimenti, testimonianze, 
analisi su una questione ritenuta di importanza nazionale per la classe 
operaia e tutto il movimento, su cui a Taranto si sta combattendo una 
battaglia decisiva.
I compagni di ClashCityWorkers hanno introdotto l'assemblea riprendendo i 
contenuti dal manifesto di convocazione, sottolineando la necessità di una 
lettura autonoma della questione Ilva, diventata sintesi delle battaglie che 
si combattono in Italia sul terreno della salute e del lavoro, e denunciando 
i processi in atto sia in Italia che in Europa per ristrutturare i rapporti 
tra lavoro e territorio per rilanciare i profitti capitalisti, processi in 
cui hanno un ruolo centrale gli interventi autoritari dello Stato nei 
conflitti sociali. Hanno concluso chiedendo di rispondere anche al problema 
di che tipo di soluzioni siano possibili nella dinamica tra lavoro e salute 
e lavoro e proprietà e che tipo di paese si può immaginare nel futuro.

Quindi ha preso la parola un compagno di Taranto che ha parlato anche a nome 
della Rete nazionale nel suo complesso, raccontando come dall'Ilva di 
Taranto già nel 2006 era nata la proposta della Rete in quanto questa 
fabbrica sin da allora si caratterizzava per il suo carico di morti sul 
lavoro, 45 nel solo periodo di proprietà di padron Riva, e come questa Rete 
abbia stabilito nei tempi successivi un legame con la strage della 
ThyssenKrupp, con le stragi delle "cisterne assassine" nelle diverse parti d'Italia, 
e la catena di processi, portando un sostegno ai familiari, ecc., fino alla 
manifestazione che già a Taranto si tenne il 18 aprile 2009, che aprì in 
maniera anticipata lo scontro con padron Riva, Stato e governo, con una 
buona partecipazione da diverse città italiane.
Oggi la Rete richiama a raccolta le forze a Taranto in una prima iniziativa 
nazionale il 22 marzo, all'interno di un percorso della guerra di lunga 
durata che vede protagonisti settori di operai dell'Ilva e masse popolari 
del quartiere Tamburi e della città.
L'Ilva è attualmente la madre di tutte le battaglie su salute e sicurezza in 
fabbrica e sul territorio. Bisogna raccogliere e vincere questa sfida e 
chiamare tutti ad assumere il proprio posto di lotta, sostenendo chi lotta a 
Taranto e allargando la lotta su tutto il territorio nazionale; ribadendo il 
concetto che "nocivo è il capitale e non la fabbrica" e che senza rovesciare 
il sistema del capitale non si potrà realmente salvaguardare salute e lavoro 
nelle fabbriche e sul territorio.
Per questo ci vuole una rivoluzione politica e sociale che parta dal 
cambiare i rapporti di forza. Perché all'Ilva questa battaglia c'è stata in 
questi anni, ma soprattutto per il ruolo di complicità con il padrone dei 
sindacati confederali, partiti parlamentari, Istituzioni, questa battaglia 
non si è riusciti a vincere, e la logica del massimo profitto di padron Riva 
ha portato fabbrica e città alle estreme conseguenze.

Decisamente importanti sono stati i due interventi dei compagni del 
Laboratorio Iskra di Bagnoli che hanno portato l'informazione e la denuncia 
di come la storia di Taranto sia stata ugualmente vissuta negli anni a 
Bagnoli. Anche lì hanno agito le stesse logiche di contrapposizione tra 
lavoro e salute, di promesse di progetti faraonici, di bonifica del 
territorio e di recupero di esso a un nuovo modello di sviluppo 
ecosostenibile, di recupero del turismo che avrebbe portato salute e lavoro. 
Ma la realtà non è andata in questa direzione, per responsabilità di 
padroni, governo, Enti locali, sindacati e sinistra istituzionale che hanno 
portato a nessuna bonifica, nessun sviluppo, né lavoro e salute. L'incendio 
doloso di questi giorni nella "Cittadella scienza" è venuto a riproporre all'attenzione 
di Napoli e di tutto il paese questa vicenda che unisce Bagnoli a Taranto, a 
cui è importante collegarsi per evitare che all'Ilva di Taranto succeda 
quello che è successo a Bagnoli. Lavoro e salute si possono tenere insieme, 
e la chiusura della fabbrica non è mai stata una soluzione per questo; anche 
se è importante arrivare alla nazionalizzazione della fabbrica con esproprio 
senza indennizzo e controllo operaio dell'Ilva.

Quindi è intervenuto un operaio dell'Ilva abitante nel quartiere Tamburi che 
ha denunciato con forza Riva, politici e sindacati confederali che hanno 
portato Taranto a questa situazione che ci sta ammazzando in fabbrica e in 
città. Ha raccontato dei bambini che muoiono nel suo quartiere e della lotta 
che si sta facendo in fabbrica. Ha fatto sentire la voce di quegli operai, 
purtroppo ancora una minoranza, che stanno conducendo la lotta non solo nell'interesse 
dei lavoratori di lavorare in un ambiente sano ma nell'interesse generale 
delle masse taratine che non vogliono morire di inquinamento.
Ha chiesto un applauso per salutare/ricordare i tre operai morti 
recentemente e la solidarietà alla città, trasmettendo l'orgoglio di operai 
che stanno facendo la loro parte, difficile, respingendo ricatti e 
repressione in fabbrica per dare voce di classe alla città.

All'intervento dell'operaio dell'Ilva è seguito un affilato, documentato 
intervento del Coordinameno secondo policlinico insieme al Collettivo Sun 
(Seconda università di Napoli)
 del policlinico che ha denunciato come la battaglia per la salute debba 
essere unita alla battaglia per il lavoro, perché anche la mancanza del 
lavoro, come moltissime analisi sanitarie dimostrano, produce malattie e 
morte. E' tornato poi sui dati epidemiologici generali per dire che vanno 
letti in forme critiche, dato che non è difficile manipolarli secondo i fini 
che si perseguono.
Il collettivo ha detto che si trova in sintonia con gli operai e i soggetti 
che lottano per la difesa della salute e del lavoro, senza essere per la 
chiusura dell'Ilva.

La denuncia della situazione a Taranto e delle lotte in corso è ritornata 
nell'intervento di una compagna di Taranto che ha parlato a nome dei 
Disoccupati Organizzati e dei lavoratori cimiteriali.
Ha raccontato la lotta lunga e coraggiosa dei Disoccupati Organizzati per 
coniugare lavoro e ambiente, sia con la vertenza verso il Comune per la 
raccolta differenziata porta a porta che ha ottenuto alcuni risultati 
parziali, sia nel rivendicare il lavoro per le bonifiche, in particolare nei 
quartieri più colpiti dall'inquinamento, Tamburi e Paolo VI. I Disoccupati 
Organizzati hanno partecipato a tutte le iniziative di lotta insieme agli 
operai Ilva perché vogliono anch'essi salute e lavoro e non 20mila nuovi 
disoccupati. Ha quindi letto l'intervento dei lavoratori cimiteriali che, 
collocati con il loro lavoro nel luogo che registra i tanti morti da lavoro 
e da inquinamento, sono anch'essi colpiti dalle polveri e veleni dell'Ilva, 
dato che il cimitero si trova nella zona più inquinata del quartiere 
Tamburi, più vicina ai parchi minerali dell'Ilva, e pertanto sono esposti 
per 6 ore al giorno e per tanti anni all'inquinamento delle polveri che si 
mischiano con quelle provenienti dai parchi. Per questo, anche i lavoratori 
cimiteriali sono ora diventati un importante settore in lotta.

I compagni di Taranto hanno poi ripreso con un altro intervento, l'importanza 
di venire a Taranto, di non accontentarsi delle informazioni, spesso 
strumentali e spettacolarizzate, per conoscere effettivamente la situazione 
della fabbrica, degli operai e per confrontarsi con essi e con i cittadini 
dei Tamburi; e hanno ribadito con forza che serve a Taranto una rivolta 
popolare come risposta effettiva alla situazione e possibilità delle masse 
di prendere nelle mani il loro destino.

Altri compagni sono intervenuti con indicazioni e domande sulla necessità 
del coordinamento delle lotte, sulla necessità di uno sciopero generale, 
sulla battaglia per la nazionalizzazione  e il controllo operaio, e hanno 
chiesto alla Rete cosa pensa di queste indicazioni.
I compagni della Rete hanno detto che loro sono in linea di massima d'accordo 
su tutto questo, ma non sono un sindacato e che per questi obiettivi serve 
ora prima di tutto comprendere la natura nazionale della battaglia all'Ilva 
per accumulare le forze per essa, serve che lo sciopero sia nelle mani degli 
operai che si organizzano indipendentemente dai sindacati confederali, cosa 
che è ancora in una fase iniziale e che avviene in uno scontro con chi mette 
in contrapposizione operai e cittadini; serve unità sugli obiettivi che 
abbiano come gambe operai e masse popolari, tenendo conto che l'Ilva è stata 
industria di Stato per tanti anni, che questo Stato, questi governi sono o 
al servizio di Riva o vogliono togliere le castagne dal fuoco a Riva; e che 
la lotta deve svilupparsi per tappe per raggiungere i suoi obiettivi. 
Infine, hanno detto a tutti coloro che fanno proposte di fare la scelta di 
portarle direttamente agli operai dell'Ilva e ai cittadini dei Tamburi e di 
confrontarsi con essi. E' a questo che serve l'iniziativa nazionale del 22 
marzo che non è un punto di arrivo ma un punto di partenza nella battaglia 
che si può e si deve vincere e noi abbiamo fiducia che la mobilitazione 
operaia e popolare vincerà e farà di Taranto un punto di forza del 
cambiamento della situazione sociale e politica del paese.

I compagni di Clash city worker e del Collettivo Autorganizzato 
Universitario e le altre realtà partecipanti hanno fatto un buon lavoro e 
hanno portato un vero contributo a Napoli e alla battaglia in corso, 
dimostrando la funzione importante che questi organismi stanno avendo per 
mettere in collegamento le lotte operaie e proletarie, per far avanzare la 
comprensione e l'unità tra operai, studenti, movimenti sul territorio.

(Questo resoconto ufficioso è a cura di un compagno di Taranto