Ma che stanno dicendo! Non stiamo a capi niente, non ci
fanno capire!
Infatti nel senso corrente i due dati sono in
contrapposizione. Ma per le statistiche no. L’ISTAT , infatti si è adeguata alla Rilevazione trimestrale sulle forze di
lavoro (Rtfl) al Regolamento n. 577/98 del Consiglio dell’Unione Europea.
E’ come per il nuovo calcolo del PIL secondo il SEC2010.
Tutte le attività malavitose rientrano nel calcolo della produzione della ricchezza di un Paese. Che uno dice allora è
meglio darsi alla malavita almeno non pago le tasse e contribuisco alla
ricchezza del mio Paese. Infatti i malavitosi li dovremo chiamare Patrioti.
Gli “occupati” sono
le persone con 15 anni e oltre che:
·
nella
settimana di riferimento hanno svolto almeno un’ora di lavoro (Un ora alla
settimana per essere considerato “occupato”)
·
a ciò si aggiunge che lo status di occupato non
è legato alla presenza di un contratto di lavoro regolare o al rispetto di
alcune fondamentali norme in materia di lavoro e ( lavoro in nero compreso)
·
si considerino come occupazione anche le
attività svolte senza corrispettivo
monetario (basta un corrispettivo in natura o a gratis).
E’ evidente che già il termine di “occupato” differisce e di
molto con il senso socialmente
attribuito a tale termine e che questo quindi non si riferisce ad una
condizione “sociale” della persona, ma ad un modello del mercato del lavoro che
intende l’occupazione a elevati livelli di flessibilità e di precarietà. Per
esempio un giovane che in una settimana ha impiegato due ore a fare
facchinaggio per aiutare un amico o familiare a traslocare ricevendo in cambio
un caffè pagato è considerato , per le statistiche e se intervistato, un “occupato”.
Le persone in cerca
di occupazione comprendono:
·
l’insieme delle persone non occupate tra i 15 e
74 anni che hanno effettuato almeno un’azione
attiva di ricerca di lavoro nei trenta giorni che precedono l’intervista
·
sono, altresì, disponibili a lavorare o ad
avviare un’attività autonoma entro le due settimane successive all’intervista
·
le persone che inizieranno un lavoro entro tre
mesi dalla data dell’intervista e
·
sono
disponibili a lavorare o ad avviare un’attività autonoma entro le due
settimane successive all’intervista,
Anche qui non basta l’assenza di lavoro, per essere conteggiato ai fini della
disoccupazione, bisogna dimostrare di aver avviato la ricerca attiva di
occupazione ed essere immediatamente e senza condizioni disponibili a lavorare,
a prescindere dal tipo di lavoro e dalle condizioni occupazionali offerte.
Se queste condizioni non sussistono le persone sono
classificate come “persone non attive”.
Ora anche qua si capisce che molte delle persone che si
percepiscono e vengono percepite come disoccupate( soprattutto da parte di
amici e parenti) ai fini delle statistiche non lo sono Per esempio se prendiamo
un giovane senza occupazione che nell’ultimo mese non ha mandato nessun curriculum,
non ha risposta a nessuna offerta di lavoro, oppure non è disponibile ad
accettare un salario in nero, o da fame, o un lavoro troppo pesante per il suo
fisico, ( lo scaricatore di balle per uno di costituzione debole) o che non
corrisponde lontanamente al suo titolo di studio ( un ingegnere nucleare a cui
viene offerto un lavoro da spalatore di bitume per il manto stradale), ebbene questo giovane non è disoccupato, ma bensì
“persona non attiva”
Ora si capisce che questa discrepanza fra la percezione di
questi fenomeni sociali e la sua misurazione metrica operata dall’Istituto di
statistica provoca una sovrastima nella
percezione sociale dell’occupazione dovuta all’inclusione di persone che
svolgono lavoretti saltuari, ma che, di fatto, non hanno un’occupazione. E una sottostima della disoccupazione,
in quanto molte delle persone senza occupazione sono considerate come “non
attive”, per l’esclusione in particolare dei “lavoratori scoraggiati”, ovvero quelli che non cercano
un’occupazione, perché hanno la percezione di non poterla trovare, ma che pure
sono disponibili a lavorare. Questo fenomeno è molto evidente specialmente nel
SUD in cui vi è atavicamente uno squilibrio strutturale tra la domanda e l’offerta
del lavoro
Alla luce di questi chiarimenti è evidente che i due dati
che l’ISTAT ha pubblicato in realtà non sono in contraddizione, ma
perfettamente coerenti in quanto vi è solo una lontana parentela fra i due
termini di misurazione e quindi non confrontabili.