Cosa ne resterà o come finirà l'ILVA?


Fra una boutade e l'altra, tra un lanciar la pietra e vedere che effetto che fa del superbone Renzi la crisi dell'ILVA diventa sempre più senza ritorno e alla fine la soluzione che apparirà come per miracolo sembrerà inevitabile.

E’ ormai una pratica consolidata in Italia E’ successo all’Alitalia per ben due volte , è successo alla Fiat etc etc.
Le banche Sanpaolo, Unicredit e Banco Popolare hanno staccato un altro assegno da 125 milioni di euro E con questa è stata completata la tranche da 250 milioni di euro concessa dalle banche al commissario Piero Gnudi, a fronte dei 650 milioni di euro richiesti da quest’ultimo.

A questo punto, dunque, la somma complessiva del debito bancario consolidato è salita a 1,45 miliardi di euro: il 62% riferibile a Intesa, il 20% a Unicredit e il 18% al Banco Popolare. L’Industria siderurgica si trova in grave crisi di liquidità e di produttività, oltre che continua a produrre diossina e continua a creare morti e inquinamento nella città.
Intanto sul fronte governativo ci si muove con cautela e piano piano. Ad oggi per rimettere in moto la macchina produttiva dell’ILVA, senza anche senza tener conto del problema inquinamento e indipendentemente da quale soluzione di ingegneria societaria sarà trovata, servirebbero quasi un miliardo di euro , solo per coprire i debiti verso i fornitori e per poter finanziare il circolante che significa che con una produzione di otto milioni di tonnellate di acciaio aveva un magazzino del valore di 1,5 miliardi e 5 miliardi di euro di acquisti.
Ogni giorno di attesa quella cifra è destinata ad aumentare.

La soluzione più prevedibile del governo e vista la mancanza di fantasia dei nostri cervelloni e tra l’altro già annunciatatra le righe dal nostro grande condottiero, è quella solita.
Far incancrenire ancora un po’ la situazione, poi trovato un possibile acquirente ( oggi si parla della franco indiana Arcelor Mittal, o l’indiana Jindal, con una cordata di imprenditori patrioti di berlusconiana memoria tipo Marcegaglia) si creerebbe una bad company in cui scaricare tutte le “monnezze” , passività e debiti, più qualche decina di migliaia di lavoratori e magari l’area a caldo la più obsoleta fra gli impianti e la più inquinante. Nessun compratore si accollerebbe l’onere di acquisirla sapendo che il costo per poter disinquinare quella parte di impianto sarebbe esorbitante e che converrebbe di più dismetterla e rifarla con tecnologie più moderne e tecnologicamente avanzate.
E lasciare ai nuovi padroni gli impianti più produttivi l’area a freddo compresi tubifici e laminati piani e freddi. L’uso gratuito del porto e interporto e della banchine di attracco e dell’area adiacente ad esso per poter essere utilizzato come magazzino privato a disposizione , sottraendolo all’utilizzo della cittadinanza, come è già stato fatto con i Riva ed ancor prima con l’industria di Stato e quindi alla possibilità di sfruttamento sia come porto turistico, sia come porto commerciale.
Si perpetuerebbe ancora una volta la sudditanza verso la grande industria inchinandosi ancora una volta per il grande piacere e favore che ci farebbero. Prendete pure le nostre ricchezze, le nostre risorse, le nostre vite e grazie per averle accettate!  

E’ questa una operazione di ingegneria societaria già sperimentata e che lascia tutti a soddisfatti e felici. Meno i conti pubblici e i lavoratori , ma chi se ne frega. Verrà salutata dai giornali padronali e dai mass media come una soluzione , anche se dolorosa,, ma l’unica possibile vista la situazione ( e grazie quella situazione la si è creata a bella e apposta ) e che salva l’ambiente, la produzione, e i lavoratori.

L’ambiente
Verrà riproposta , a carico della bad company il risanamento e il disinquinamento , come è stato fatto per Bagnoli che è ancora là e che da poco si è scoperto ( Oh meraviglia) infiltrazioni malavitose, corruzioni e concussioni , furti di danaro pubblico e il risanamento è di la a divenire. Verrà rispettato all’italiana l’interpretazione della legge Europea che chi inquina deve risanare. Il privato inquina e pubblico e privato se ne fregano!  

La produzione
Qualsiasi sia il compratore sicuramente sarà straniero e forse con qualche partecipazione minoritaria di qualche padroncino italiano giusto per colorare di tricolore l’operazione. Sarà quindi svenduta una delle più grandi industrie produttore di acciaio del mondo ( il primo come capacità produttiva in europa uno fra i cinque nel mondo) e con essa il controllo nazionale su una produzione strategica per lo sviluppo di un paese. Se solo si pensa che la Cina , l’India e il Brasile hanno basato la loro crescita economica e la loro potenza economica proprio sulla produzione di acciaio si arriva facilmente a capire se svendendo questo patrimonio non solo di impianti ma di intelligenze , di saperi  si fa un affare per il sistema paese.

I lavoratori e la cittadinanza
Qualunque sia il compratore e l’assetto produttivo e societario ai cittadini e lavoratori rimarrà il fardello di un territorio inquinato e resa terra bruciata per qualsiasi altra attività produttiva sia essa legata all’agricoltura, alla pastorizia o allevamento o alla coltivazione dei mitili  ( terreni e mare inquinati), sia all’utilizzo del grande porto realizzato negli anni ’80 e ancor prima e lasciato come uso esclusivo per il carico e scarico delle materie prime e per le merci prodotte ai nuovi padroni come è stato fatto per i vecchi. Proprietà costruita con i soldi pubblici e messa a disposizione ai privati.

Migliaia di lavoratori verranno messi in mobilità prima della pensione o in cassa integrazione ( per quel che rimane sotto questo nome) per qualche anno e poi licenziati. Verranno assunti come precariato solo poche migliaia di giovani come manodopera e verranno importati lavoratori tecnici e capi intermedi e dirigenti come è sempre stato fatto per l’ILVA di Taranto. Prima era genovesi, poi bresciani e varesini, ora francesi indiani o chissà da dove. Gli appalti e gli acquisti verranno importati, come è stato fatto per i tecnici) e la città sarà ancora una volta prosciugata e avvelenata. Terra di conquista e colonia del moderno capitalismo (in ogni epoca il capitalismo è moderno per quell’epoca)