Ma questo si sa, ma non si dice!



Il Sole 24 Ore , oggi, ci prende per i fondelli.

Si domanda e si stupisce : perché l'Italia è ancora il paese più “scoraggiato” d'Europa?
E nel corso dell'articolo non giunge a nessuna risposta., ma sciorina la conferma attraverso dati ISTAT Cioè, gli scoraggiati: hanno raggiunto il tasso del 13% sulla forza lavoro complessiva, equivalente a tre volte tanto la media dell'Europa a 28 (3,7%) e dell'Euro-zona (4,2%). 10 volte più scoraggiati della Germania I più penalizzati: donne e Mezzogiorno. Record in Sicilia
E sottolinea quel che anche ai loro occhi pare un paradosso di un sistema che ha un bisogno vitale di laureati in area scientifica ma non riesce a offrire condizioni stipendiali che pareggino – o “addirittura” valorizzino – l'investimento degli anni di studio. Soprattutto nel caso delle donne, non a caso più rappresentate nelle forze lavoro potenziali dell'Eurostat. «Ci sono laureati che devono togliere qualifiche dal curriculum perché si cercano figure più basiche. Il punto è che non c'è domanda di figure ad alta produttività».

Ora scienziati dell'economia cha albergano nei locali di questo giornale non dovrebbe essere difficile la risposta .
1) la gente è scoraggiata e non cerca lavoro perché mortificata per anni e anni alla ricerca tutti infruttuosi. In Italia non c'è offerta di lavoro perché non c'è reddittività , e quindi non vi è mercato. Si è puntato sull'export e sul mercantilismo estero come comadano le teorie neomercantiliste di questa fase del capitalismo maturo e quindi si è abbassato il costo del lavoro attraverso bassi salari e bassi diritti( per evitare possibbili rivendicazioni sindacali), indirizzando le risorse dello Stato verso le imprese con sgravi del costo sociale del lavoro , mortificando cosi il mercato interno, abbassando i consumi e quindi quelle imprese che erano impegnate verso il mercato interno.

2)Le imprese che esportano , le uniche che fanno fatturato, non hanno bisogno di intelligenza. La loro produttività non è nell'innovazione, ma nel basso costo del lavoro, aumentando i ritmi e gli orari, nel lavoro precario consente loro di essere flessibili e di rispondere immediatamente all'andamento del mercato senza portarsi dietro le “zavorre” di lavoratori fissi e a tempo determinato. Non producono valore aggiunto, innovazione. Si punta sul breve, brevissimo periodo senza necessità di investimenti di lunga durata. Come sarebbe assumendo giovani laureati, professionalizzati. Questo il motivo del boom del lavoro a voucher , di apprendistato, contratti su chiamata. ( L'aumento del cosi detto lavoro a tutele crescenti è solo frutto di un ricambio dai lavori precari di tipo tradizionali per motivi di sgravi ed incentivi cosi concessi)

Ma quel giornale non può fare analisi di questo tipo. Perché sarebbe come a dire il re è nudo Che la crescita e la ripresa che ogni tanto si vaneggia, e di cui si fa portatore anche lo stesso giornale, è solo una pia aspirazione. Con quei presupposti, l'unica ripresa possibile sta nel riuscire ad agganciare a rimorchio di altri che crescono a cui chiedere le briciole e succhiare alle mammelle di quelli. E in tempi come questi, dove anche i grandi mercati stanno chiudendo le porte di casa ( vedi la Cina, che svalutando, ha chiuso le porte dell'import e facendo concentrare le proprie industrie al mercato interno) e di depressione a livello mondiale, sarà difficilissimo che quella crescita, anche se a rimorchio, sia possibile.