A Taranto si muore. Per la diossina. Non ci sono più dubbi

A Taranto si muore. Per la diossina. Non ci sono più dubbi. Neonati, bambini, mamme. Commercianti, avvocati, medici. Studenti, operai e tanta tanta gente comune. Taranto non ce la fa più. Sta affogando. E ha provato a reagire, a dire "Basta" con una manifestazione nel centro della città, il 29 novembre. Tutti in piazza contro l'Ilva, contro la diossina, contro l'inquinamento che sta negando un futuro ai giovani e ai bimbi. Ventimila persone, molti i piccoli. "Ci avete rotto i polmoni", è lo slogan principale.

Non si respira più nella città pugliese. O quello che si respira fa morire. Quando si entra nella città dei due mari, non si può rimanere indifferenti. Una nuvola nera ti travolge, il colore del cielo è cambiato. E' grigio. C'è qualcosa che non va, e ora tutti, finalmente, se ne stanno accorgendo. Ai balconi sono appesi striscioni, anche se i balconi hanno cambiato colore. Persino i palazzi più colorati sono diventati rossastri. Quelle tinte maledette del veleno. Anche le pecore sono malate. Devono essere abbattute, per forza, sono malate. Notizia moderna

DIOSSINA, IL TRIPLO DI SEVESO - Perché gli impianti industriali che le sono stati costruiti attorno sono più grandi della città stessa. Un problema che esiste da 30-40 anni, ma che ora sta diventando drammatico. La situazione sta degenerando, i bambini ne soffrono, le mamme hanno la diossina nel latte. Una sostanza si accumula nel tempo, e a Taranto ce n'è per 9 chili, il triplo di Seveso per intenderci.

Ma ora al via la protesta, grazie anche ai movimenti dei cittadini, alle trasmissioni tv che si sono occupate del caso, grazie alle associazioni ambientaliste. Grazie ai giovani. Già, perché non tutti sanno che a Taranto, nel quartiere Tamburi (a ridosso dello stabilimento dell'Ilva) tutti fumano, anche i non fumatori, anche i bambini. A 10,11, 12 anni. Queste persone, senza volere e senza alcuna difesa, si "fumano" i cancerogeni industriali in quantità variabili a seconda del vento e delle condizioni meteoclimatiche. Ed è come se fumassero da anni, decenni.

IL BAMBINO MALATO DI TUMORE DA FUMO E IL BESTIAME ABBATTUTO - E' agghiacciante il caso "unico nella storia della medicina, neanche al Gaslini di Genova sapevano che cosa dirmi", come dice il dottor Patrizio Mazza, primario del reparto di Ematologia dell'ospedale Moscati di Taranto, del bambino malato di adenocarcinoma del rinofaringe. Il medico pensava di aver sbagliato diagnosi. E invece no. Quel piccolo di 10 anni aveva un "tumore da fumo". Un tumore che colpisce gli adulti, gli anziani, che hanno fumato per una vita. E invece Marco, che giocava per strada ai Tamburi, aveva respirato la diossina dell'Ilva. Ora ha 13 anni e si sta curando. "La causa è la diossina che respiriamo tutti i giorni. Qui si muore e basta". I cittadini sono arrabbiati. Ma non è tutto. Cinque adulti hanno scoperto di avere il livello di contaminazione da diossina più alto del mondo. La diossina è entrata anche nella catena alimentare: la Regione Puglia ha ordinato l'abbattimento di 1.200 pecore e capre. Sono pericolose. Un'emergenza nazionale.

IL DILEMMA POSTI DI LAVORO-SALUTE - Il problema è che Taranto è inquinata. Solo che si è trattato di un inquinamento "lento" costruito da 45 anni di fumi dello stabilimento siderurgico e per questo motivo "silenzioso" perché di mezzo c'era e c'è un intero sviluppo economico da salvaguardare. E oggi il prezzo che si paga è altissimo: bambini malati di tumore come fossero fumatori incalliti, diossina che si rileva persino nel latte materno. Ma il dilemma è molto più grande di quanto si immagini. Si tratta di un ricatto, un ricatto sociale. Scegliere tra il lavoro e la propria salute.

L'Ilva, senza considerare l'indotto, occupa circa 15 mila persone e rappresenta lo snodo centrale di tutta l'economia jonica. Per contro la logica del profitto applicata dalla dirigenza dello stabilimento ha fatto sì che la sicurezza ambientale fosse un elemento di secondo ordine. I controlli non sono stati adeguati. Il risultato? Al di là dei dati relativi alla diossina, sono anche le emissioni di mercurio, IPA, benzene, PCB, arsenico e piombo a toccare livelli allarmanti.

Ma qualcosa è cambiato. I cittadini, stanchi, ora hanno dato una risposta al ricatto. Scelgono la salute. Il lavoro sì, ma con super controlli e zero pericoli per i bambini. Solo a queste condizioni l'Ilva può c ontinuare ad esistere. E i primi passi si stanno facendo

LA LEGGE REGIONALE, UNA SPERANZA - E' la prima volta in Italia. Una legge regionale disciplinerà in Puglia con limiti più bassi l'emissione in atmosfera di diossine e furani (specificamente ''policlorodibenzodiossina, policlorodibenzofurani ed altre sostanze''). Il disegno di legge è stato approvato lo scorso 11 novembre dalla giunta regionale. La Puglia rispetterà una legge europea e non una italiana. La norma è fatta apposta per lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto.

L'aspetto più importante della norma riguarda gli impianti già esistenti e in esercizio che alla data di entrata in vigore della legge dovranno adeguarsi ai valori limite precedenti secondo un calendario che prevede a partire dal 1° aprile del 2009 una somma di 2,5 nanogrammi al metro cubo e soprattutto a partire dal dicembre del 2010 il limite di 0,4 nanogrammi al metro cubo, come per gli impianti di nuova realizzazione. Entro 60 giorni dall'entrata in vigore, i gestori degli impianti già esistenti devono elaborare un piano per il campionamento in continuo dei gas di scarico e presentarlo all'Arpa Puglia per la relativa validazione e definizione di idonea tempistica per l'adozione delo stesso.

L'Arpa provvederà a effettuare verifiche a campione per valutare l'effettiva attuazione dei piani di campionamento e la relativa efficacia. L'elaborazione del piano di campionamento e la validazione da parte dell'Arpa Puglia sono adempimenti essenziali per la concessione delle autorizzazioni e l'attivazione di nuovi impianti. In caso di superamento dei limiti, Arpa Puglia li comunicherà alla Regione che diffiderà il gestore a rientrare nei limiti entro 60 giorni. Se ciò non accadesse, il gestore dovrà chiudere l'impianto. Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo si è detta "esterrefatta" per la legge regionale, perché che in questo modo in soli quattro mesi l'azienda è destinata a chiudere. La battaglia va avanti. Con la piazza, con i giornali. Taranto deve essere salvata. Non si respira più. Una speranza ci deve essere. I bambini hanno il diritto di vivere, di giocare, di non ammalarsi di tumore. Meglio senza lavoro che morti. E' un fatto.