Ma di che si sta discutendo?


Continua la sceneggiata fra i sindacati e Parlamento sull’art 18. E’ una buffonata! Una cosa irreale!
Intanto si sta parlano di fumo.
L’art 18 di fatto non esiste, Come non esiste ormai più la Costituzione nella sostanza e non come simulacro, simbolo da sventolare nelle manifestazioni dei democratici da anime belle (ormai nemmeno più quelle)
L’art 18 sostanzialmente non esiste più attraverso la pratica e le leggi che si sono  succedute da qualche anno a questa parte

Nei fatti l’art 18 e lo Statuto dei Lavoratori più in generale si applica solo alle aziende che hanno più di 15 dipendenti e che in Italia oramai rappresenta poco più del 3% delle imprese. Per le rimanenti imprese i datori di lavoro possono licenziare anche senza giusta causa e giustificato motivo. E stando ai dati ormai superati in negativo ( si riferiscono al 2006 quando l’art 18 aveva ancora una sua dignità) il 45% dei ricorsi contro i licenziamenti  si concludono con un rigetto del provvedimento e l'indennizzo e il 65% in appello)

Quindi , di fatto, alla maggior parte degli  imprenditori non “ne può fregar de meno” dell’art 18 , nella loro vita quotidiana, se non per motivi psicologici e ideologici. Basterebbe solo questo per spazzare via dal campo equivoci idealizzati sulla crescita e la ripresa o sugli investimenti esteri ostacolati dall’art 18.

Le leggi sin qui approvate hanno reso anche sul piano legislativo quell’articolo solo un simulacro e un feticcio da sbandierare per opposte fazioni sul piano delle battaglie ideologiche. La riforma Fornero ( non politica, ma “tecnica” ministra lacrimevole) ha di fatto liberalizzato il licenziamento individuale senza obbligo di reintegro. Basta infatti la giustificazione economica.  Questo era prima consentito solo per i licenziamenti collettivi, art. 223/1991, e doveva essere confermato dalla dichiarazione di uno “stato di crisi” dell’azienda. Oggi non solo lo si può applicare al singolo ma la prova dell’eventuale illegittimità del licenziamento per discriminazione diventa a carico del lavoratore, che con le doppie triple contabilità diventa pressoché impossibile dimostrare la falsità delle motivazioni economiche. E ammesso che il licenziamento , per pura combinazione, si dimostrasse illegittimo spetta al giudice stabilire o il reintegro o l’indennizzo. E' daltronte basta videre il numero dei licenziamenti che si hanno in Italia per capire " ma di cosa stiamo parlando?" 

Con la legge 78, legge Poletti, la liberalizzazione dei contratti di lavoro a termine raggiunge il suo massimo. Infatti non è piu necessario dichiarare la necessità e la causa della temporaneità del contratto di lavoro. Il datore di lavoro può assumere a tempo determinato senza specificare il motivo e inoltre il limite di cinque posto come numero di possibili rinnovi è solo fittizio in quanto non applicabile alla persona, ma alla mansione. Basta quindi che si specifichi un dettaglio diverso nella mansione e il conto viene azzerato. E questo nel caso che il datore di lavoro abbia a cuore la professionalità di quello specifico lavoratore.

Non contenti di tutto ciò si introduce il contratto da lavoro dipendente a tutele crescenti, Si tratta di uno stravagante “contratto a tempo indeterminato” come stravagante si potrebbe definire il suo portavoce “Ichino” Il contratto diventa “indeterminato” ma a patto che superi la soglia dei tre anni. Fino ad allora vi è libertà di licenziamento come e quante volte lo si voglia. E poiché non si sostituisce questo tipo di contratto alle 46 diverse forme di precariato già esistente , non si capisce perché mai il datore di lavoro dovrebbe preferire questa forma alle precedenti diverse 46. In nessun paese ( altro che modello danese di Ichino) esiste un precariato cosi diversificato, composito e bizzarro!.
Il lavoro precarizzato lo era già( grazie anche quòà al PD di Prodi e ai sindacati) , ma ora diventa l’unica forma di possibile forma di contratto di lavoro. A nessun datore di lavoro per quanto bizzarro ,sprovveduto , incauto gli verrebbe mai in mente di assumere a tempo indeterminato. Anche se volesse.

Allora perché fare un’altra legge? Perché continuare a battere il chiodo spuntato e arrugginito dell’art 18? Perché l’Europa che conta e i potentati del potere finanziario FMI, BCE in testa, continuano a chiedere riforma del lavoro in Italia?

Perché oltre all’art 18 il Jobs Act renziano contiene anche altri attacchi al nocciolo , alla ciccia. La legge 300 del ’70 che rappresenta ancora un simulacro un totem , sulla carta, dei diritti dei lavoratori e quella stagione di riscossa che porta il nome dell’Autunno caldo dei lavoratori” E’ una battaglia tutta ideologica, per spezzare definitivamente le reni al movimento dei lavoratori seppur sconfitto, sfiancato, demoralizzato e senza guida ne ideale ne pratica, ma capace ancora di qualche scatto di ribellismo e che ancora dissente. Alcuni attacchi erano già stati portati con buon esito, con la complicità degli stessi sindacati ( per questo dico che quelle voci oggi sono solo pianti greci), attraverso accordi per quanto riguarda il diritto di rappresentanza sindacale, della loro rappresentatività ecc. ecc., degli accordi aziendali e dei contratti nazionali.  In questo atto legislativo vengono portati attacchi per quanto riguarda l’art 4 ( impianti audiovisivi) o sul diritto di trattamento alla maternità sulla CIG già oggetto di attacchi da parte della riforma Fornero e delle leggi Sacconi. La legge così presentata in Commissione sarà sicuramente peggiorata visto chi sono gli alleati di questo governo. Dagli Ichini a Scelta Civica della Fornero, da Sacconi, a Brunetta di Forza Italia. La minoranza del PD sta ancora facendo “ ammuina” e già Renzi ha sentenziato. D’accordo alla discussione, ma alla fine si fa quello che voglio io. E questa la dice lunga sul concetto di democrazia di Renzi!